Fasten your seatbelts


Rallenty. Qualcosa di sospeso. È il senso di straniamento ed alienazione. È l’interiorizzazione di un dramma vissuto sulla pelle di un adolescente, che non trova schemi e strutture interiori ed acuito dal senso di solitudine e la mancanza di punti di riferimento adulti, si perde.
Un salto nel vuoto. Quello interiore ed emotivo. Non c’è redenzione o speranza, questa è l’amara considerazione e visione di Van Sant. L’analisi delle giovani generazioni è spietata, quanto purtroppo reale, e la perdita dei valori è il minore dei mali.
Certo, il film ti lascerà una sensazione di allegria come potrebbe lasciartela solo assistere ad un concerto dei Radiohead, leggere le pagine di Sartre o lo scoprire che nella busta paga quest’anno non ci sarà la tredicesima, ma questa è un’altra storia. Gus è un artista, è un pittore del cinema, questa è arte visiva e gioia per gli occhi. Lascia quasi sempre alle immagini il compito di raccontare questo distacco dalla realtà e disinteresse per quello che avviene ad un centimetro di distanza, seguito dal ripiombarci violento ed improvviso, non voluto. Come nell’ormai famosa scena-della-doccia, pochi minuti che saranno per sempre impressi nella mia memoria.
E quando sono partite le canzoni di Elliott Smith, sarà ché avevo la loro età, ma il cuore l’ho sentito bloccarsi ed il respiro andare in apnea... Nessuno è pronto, nessuno può esserlo.

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