We might die from medication, but we sure killed all the pain

Il titolo di cui sopra che cita Conor Orbest è solo per sviare l’attenzione e la curiosità, perché, ebbene sì, mi ritrovo per l’ennesima volta (già immagino i vostri commenti, è come se li sentissi sussurrare ora nelle mie orecchie, cose del tipo: eccheppalle!) a scrivere di “Into the wild”. Questa volta del film.
Sean Penn -stending ovèscion- è uno di quelli che camminano tappeto rosso della passerella come fosse la cosa più naturale al mondo, senza risultare né snob o arrogante, né tantomeno indifferente. E prima di entrare in sala si spegne pure la sigaretta sotto la suola della scarpa per non gettarla sul tappeto, un signore. Mentre qualche stelletta stava ancora probabilmente a farsi fotografare regalando falsi sorrisi e pose di profilo per risultare più magre negli scatti. Ecco, ora che mi sono giocato la carta del commento sagace così all’inizio (maledetta fretta), alla fine avrei poco da dire. In fondo i commenti sul film si potrebbero riassumere in poche semplici parole: Emile Hirsh è bravissimo, Sean Penn un genio e le canzoni di Eddie Vedder sono molto più di una colonna sonora, aiutano anche loro a raccontare questa meravigliosa storia di un giovanissimo e brillante studente della provincia Americana. Quella di Chris McCandless, più che una fuga, è una ricerca. La ricerca di un suo posto nella società che non vuole accettare e condividere e più propriamente la ricerca della felicità in senso assoluto: quella della verità che è sempre mancata nella sua vita.

Nel suo cammino riesce a commuovermi, mischiando i miei sentimenti al dolore, ammirazione, rabbia, senso di quiete. Per poi pietrificarmi dal disagio di fronte al suo sorriso sereno quando appare sullo schermo un suo autoscatto che lo ritrae quando ormai si trovava nel posto che non avrebbe, senza volerlo, abbandonato mai più. Disagio per la sua espressione di felicità, in una condizione che probabilmente mi avrebbe schiacciato con il peso di una decisione di estrema solitudine e nella consapevolezza di una sfida così grande. Nella rinascita che intraprende e nel percorso di crescita interiore, proposti come metafore anche grazie ai compagni di avventura che conoscerà, arriva, scontrandosi con le difficoltà della vita e le sue ingenuità, a capire molti aspetti dell'esistenza. E a farmi passare metà del tempo ad asciugarmi le lacrime.
Happiness is only real when shared.
The cash machine, is blue and green
For a hundred in twenties and a small service fee
I can spend 3 dollars and 63 cents
On diet Coca Cola and unlit cigarettes
I wonder why we listen to poets and nobody gives a fuck
How hot and sorrowful this machine begs for luck
[Ashes of American Flags, Wilco]

Si-ur rose

Mi sono messo nel letto ascoltando con il lettore emmepìtre i Sigur Rós. Nonostante il sonno, o forse è proprio quello che mi toglie lucidità, penso bene di alzarmi per farvi partecipi di un pensiero ricorrente nella mia testa in questo momento: che la mia canzone del giorno è sicuramente Glósóli, con il suo crescendo finale che è un pugno nello stomaco ed una carezza sul tuo viso.
Un muro di chitarre che sa essere anche dolce. Un muro di suono pieno di melodia.
È tutto quello che vorrei essere.

Per chiudere in bellezza, una foto solare dei miei eroi.

Not yed rusted

Quei geni di La Blogothèque, con i loro take-away shows, dopo il video più bello degli ultimi anni, ovvero gli Aracde Fire che suonano in un montacarichi Neon bible (con tanto dell’altissimo Richard Parry che tiene il tempo strappando le pagine da una rivista) e Wake up direttamente in mezzo al pubblico del concerto, ci regalano quest'altra perla: i Menomena che improvvisano Wet and rusting (eh, le batterie sincopate... sospirone) in un cortile. Con due ballerini minuscoli che spuntano a metà video; non perdeteveli, sono dolcissimi.

[cliccate sul video per farlo partire, o andate qui]

Visto che noi la sappiamo lunga...

...non poteva certo sfuggirci la notizia più entusiasmante di questo autunno del cazzo, ovvero l'uscita della nuova nefandezza di Gigi D'Ale**io, sotto forma di singolo dal titolo "Non mettermi in croce".

- Se, vabbuò: "Nun m' levà 'a salute"...

- Sì sì, e poi uscirà: "Nun me rompe li cojoni"!
Ah, ho notato che, con il Mac, il blog oltre ad essere impaginato malissimo, ha il carattere del testo di una dimensione esagerata e, dato che non mi faccio mai mancare niente, non vengono neanche visualizzati i link all'interno del post. Chiedo venia ai miei millemila lettori. Ehm, scusa Piè...

Our life is not a movie, or maybe

Periodo con mancanza di entusiasmo. Stanno passando treni arrugginiti su cui salgo con equilibrio precario. Per una telefonata che non arriva, decisioni pesanti sul mio futuro lavorativo ed un traguardo che sembra ancora troppo lontano. Allora, visto che in questo periodo ho bisogno di certezze, ho deciso di circondarmi di tutto quello che può servire allo scopo. Mi sono così immerso, insieme a lei (come potrebbe mancare, lei, negli eventi più importanti della mia vita?), nella visione del dvd dei miei fratelli, per poi scoprire che un film di redenzione riesce puntualmente a commuovermi e a farmi riflettere, anche se l’avrò visto un milione di volte. Colori vivaci e accesi, mancava solo la favola del pesciolone, sempre capace di emozionarmi. Tutto questo, una scossa e sentirmi vivo. Il cuore non è solo un muscolo. Ora accendete le luci, la vita non è solo un film.

Rivelazioni

Ti guardi allo specchio, ti vedi stanco e mediamente scazzato. Poi un’occhiata alla televisione e, tadaaaaaaaaa, c’è Maurittio Cottanto, o meglio tutto quello che gli gira intorno. E ti accorgi che in fondo sei migliore di quello che pensi. Ti basta un secondo, non c’è nemmeno bisogno di aspettare il trenino.

Into the wild again


Lo ascolto ogni giorno, trentatrè minuti in apnea. Abbastanza per arrivare alle seguenti conclusioni: è un disco di splendide canzoni, piccoli gioielli folk, che a volte sembrano solo abbozzate, presentandosi come meravigliose opere incompiute, semplicemente perché sono legate a doppio filo alla vicenda narrata nel film. È una colonna sonora, che sembra quasi voler essere imprescindibile dalla pellicola; se ne respira l'aria, il senso di precarietà e di introspezione. Queste canzoni sono un viaggio nell'anima, come lo è stata l'avventura di Chris McCandless Ed io me ne sono perdutamente innamorato.

Radio Free Europe


Ogni blog del pianeta ne ha parlato, dal cocktail-blog, all'indie-blog. Potevo esimermi io dall'ultimo trend blogghesco? Ho usato la parola blog quattro volte, ora cinque, in due righe; voglio un applauso. I Radiohead se ne escono con un disco nuovo, dando l'annuncio in punta dei piedi, sul loro blog (e sei...), senza promozione, senza etichetta. Decisione sicuramente coraggiosa quella di non vincolarsi a nessuna casa discografica. Ma di rivoluzionario credo ci sia poco, perché le regole del mercato non cambiano così facilmente, anche se un bel calcio l'hanno ricevuto. Perché mettono gli mp3 sul sito, tanto lo sanno bene che sarebbero circolati in rete; anzi, potrebbero anche guadagnarci qualcosa con l'offerta libera. Ed i concerti costeranno sempre tanto. Poi il cd uscirà nei negozi, altrimenti farebbero un danno a tutti gli appassionati di musica, visto che gli mp3 sono di scarsa qualità, soprattutto per la loro musica. E perché conviene loro, altrimenti dovrebbero cercarsi un lavoro.
Cosa c'è di tanto clamoroso? Beh, ho avuto sempre grande ammirazione per le loro scelte artistiche, così anche per questa iniziativa. Nonostante l'aria da intellettualoidi che si sono dati ultimamente. Ah, scusate, avrei dovuto dire cosa ci fosse per me di clamoroso: il coraggio. Scusate se è poco.

Il terzo stato

Disoccupati, d'autunno si sta, come le foglie per terra a marcire.
Questa è la condizione che probabilmente segnerà il mio prossimo futuro. Possono togliermi tutti i diritti (grazie sinistra riformista che non-si-può-solo-dire-no-ancor-meglio-facciamo-i-buonisti-free-i-monaci-buddisti-però-anche-i-co.co.pro., mi ricorderò di te), ma ci sarà sempre qualcosa sulla quale posso decidere solo io: la mia dignità. Tutto per colpa di una vecchia con le sembianze di tartaruga, che non vi sto qui a spiegare come si è permessa di trattarci. Tutto per colpa di una vecchia che è sempre stata sola, lontana da tutti, e così si merita di essere.
Perché soli d'autunno si sta, come le foglie per terra a marcire, lontane dagli alberi.