The Black Cab Sessions

Dopo i geni di La Blogothèque ed i loro take-away shows (ricordate i piccoli ballerini dei Menomena e gli Arcade Fire nel montacarichi che tengono il tempo strappando le pagine di una rivista?), ecco altri giovini che amano ascoltare e vedere la musica anche da un’altra prospettiva. La filosofia è semplice: prendere un taxi londinese, farci salire alcuni dei miei cantanti preferiti - Will Sheff, Britt Daniel, i The National – ed invitarli a suonare una loro canzone in acustico a spasso per la città. Mentre fuori tutto scorre frenetico ed ignora, o è indifferente, al carrozzone d’arte ambulante. Nel senso più nobile del termine.
One song. One take. One cab.

Storie di rocchennroll

Nel 1995 avevo quindici anni, i capelli più lunghi e, ahimé, sicuramente anche molti di più. E forse meno brufoli di ora.
Nel 1995 i Fugazi suonarono al Forte Prenestino, ed erano già entrati nelle mie orecchie, nella mia testa, nel mio cuore, nel mio essere. Il Mucchio Selvaggio, che allora compravo saltuariamente, pubblicò un resoconto della serata, accompagnato da un’intervista. Da quel momento non ho (quasi) mai dimenticato di leggerlo, prima ogni settimana, ora ogni mese.
Adesso quello che meno mi convince sono alcune sue divagazioni politiche; certe informazioni tendo a cercarle da qualche altra parte. Non come quando avevo quindici anni, eh, che ascoltavo improbabili radio romane antagoniste ed autogestite, nelle quali l’argomento più o meno ruotava sempre e solo intorno alle ragioni della guerriglia maoista delle forze antigovernative in Kaquigastuzannk.
Le riviste musicali le ho sempre lette perché mi fornivano nuove e più profonde chiavi di lettura della musica che ascoltavo e che io, ingenuo e giovane ascoltatore, non avrei potuto cogliere da solo. Ora che ho avuto modo di farmi una modesta - modestissima, modest mouse - cultura musicale, le leggo perché so che non si finisce mai di imparare.
Ecco, io la musica non l’ho mai vissuta come puro intrattenimento. Penso di averlo ereditato da mia madre; il suo è uno sguardo di qualcuno che cerca di vedere oltre la superficie, che cerca di leggerti dentro. Fondamentalmente, mosso dalla curiosità e dalla passione, amo scavare.
Da un po’ di tempo, sul Mucchio, Alberto Crespi ci racconta il flip side di alcune canzoni, tutte immortali. Tutte storie affascinanti, che ne sono alla base, che le hanno ispirate. Storie di R’n’R, insomma.
C’è stato Leonard Cohen; questo mese c’è Billie Holiday con il suo strano frutto.

Anche noi, come voi, canterem così...

Topolin, Topolin, viva Topolin!

Etere (non nel senso di anestetico)

Questo pomeriggio, due eventi inesplicabili.
- Perché hanno trasmesso The Niro su Radio2?
- Ma soprattutto, perché ascoltavo Radio2?
Adjornamònt: ho appena scoperto che è scaricatissimo da quel sito là, quello della mela smangiucchiata. L'arcano diventa ancora più misterioso. Ed io che credevo di trovare in cima alle classifiche ben altri nomi. Tanto ora arriverà San Scemo a ristabilire l'ordine costituito.

You know, I never claimed to be a stone

Visto che nella vita bisogna saper perdere, se la società per la quale lavoro non si vedesse rinnovato l’appalto, come unica e valida alternativa all’eroina, nel momento di maggiore sconforto e mettendo da parte onestà intellettuale, coerenza e dignità (tutte cose sempre meno presenti in questo paese, così come all over de uorld), per un evento che eufemisticamente chiamerei ossessione, ho pensato bene che accenderò un cero alla Maronna, con l’unico scopo di poter trovare nuova occupazione. Che al solo pensiero starà già piangendo. Sì sì, già me la immagino, e Mast**la lì subito ad accodarsi millantando che quelle lacrime siano per le ingiustizie che sta subendo. Vabbè, sto divagando.
Per poi, nel dubbio, organizzare una gita nel deserto di Nazca, camminando con le ginocchia su un tappeto di ceci misti a pietre e cantando un mantra in onore di Krishna. Il tutto con un occhio rivolto al cielo (ed in verità vi dico, una sui coglioni), nell’eventualità che i raeliani (sì, quelli del culto ufologico) abbiano ragione. Infine tutti in pellegrinaggio al Muro del Pianto, indossando rigorosamente uno chador, casomai non fossi uomo abbastanza ai suoi occhi.
Nel punto di morte, ovviamònt, ritratterei tutto.

Naturalmente poi non farò nulla di tutto questo.
Ad essere lucido mi posso accorgere che i miei libri, la mia musica, i miei film, i miei amici mi faranno sempre vincere sugli spietati ingranaggi del capitalismo e sulle mie assurde dinamiche familiari. Cadrò in piedi.

Ora che ho così tanti motivi per essere felice.
Ora che ho lei.

24 Grana, Strike, Roma [15.02.2008] - edited -


Dai, poche palle, anche se qui c’è anche tanto rock e punk, chi mi conosce lo sa che non supporto, né sopporto, il dub, il reggae'n'roll, lo ska, i testi politicizzati da centro-sociale-figlio-di-papà, e vabbè, continuate voi.
Però Francesco Di Bella possiede un qualcosa che manca a molti altri, un dono che in pochi hanno il privilegio di avere: il talento. Quello vero, quello che te lo fa invidiare ogni volta che premi il tasto play o che lo vedi salire sorridente su un palco. E forse perché è molto più di tutto questo: anche se ad uno sguardo od ascolto distratto potrebbe sfuggire, è un cantautore. Come la chiamereste la poesia dei suoi testi?
Praticamente un one-man show di quasi due ore, che ti fa capire come i 24 Grana siano sempre più la creatura di questo piccolo scugnizzo. Come nel disco, così nei live. Sarà pure un tossico a volte barcollante, ma con tutto il carisma che si ritrova potrebbe reggere il palco benissimo da solo. Si agita, balla in modo improbabile, si fa passare le canne dalle prime file, si lancia sopra la folla, e, ogni volta che apre bocca per rivolgersi al pubblico lo fa in dialetto, trasudando, ad ogni parola, amore per la sua città. Roba che se lo facesse qualcun altro cantante, penserei sei simpatico uno, sei simpatico due... invece lui riesce ad essere perfino malioso, con la sua sincera e tormentata vena e quegli occhi vivaci, che in molti, ammettetelo, pensavano di trovare spenti.
Mannaggia a me che non ho portato la reflex. Vabbuò, tanto non le avrei mai fatte così belle; la foto l’ho presa da qui.
Momento miele: cantare insieme, emozionati e stretti in un abbraccio, Kevlar.

Pearls

Conversazione con un nostro amico, quello con il petto grosso.

Lui: Non puoi fuggire dalla tua natura, passionale e malinconica.
Lei: Io vorrei fuggire solo da 'sta nostalgia... ca' mi piglia pure se veru nu Plasmon.

Ecco, anche per questo ti amo così tanto.

A marzo è primavera

Ecco dove potrete trovarmi nelle serate marzoline della capitale (as usual, cliccateci sopra).
I più scaltri di voi si saranno accorti della coincidenza delle date per l'uomo spesso chiamato E. e gli o.d.p., chiaro segno di una coincidenza astrale sfigata che non si verificava dai tempi del diluvio universale.
Il sottoscritto, però, volendola dare in barba agli dèi malevoli, si è già studiato il percorso più breve per scappare con la sua motoretta dall'Auditorium fino a Via Casilina Vecchia alla fine del concerto degli Eels, sperando di arrivare in tempo per godere almeno di qualche minuto del live degli emiliani (che Lenin li protegga).
Non mi avrete mai.

Two more years, two more years, to hold on (cit.)

Ecco, ci risiamo, tra poco più di due settimane saprò cosa mi riserva il mio futuro lavorativo. La società per la quale lavoro dovrà affrontare una nuova gara d’appalto; perdendola, si scatenerebbe un effetto domino che si schianterebbe direttamente sulle teste di noi poveri lavoratori precari.
E sinceramente non scambierei mai la mia condizione di lavoratore sfruttato e represso con l’immaginario tipico del fan-cats-ist à la Oblomov, perché non mi si addice proprio, nonostante nei momenti di maggiore stress la aneli prepotentemente.
Perché, in fondo in fondo, penso che il contributo che possa dare a questa società non consista solo nel lavarmi i denti tre volte al giorno, farmi la doccia tutte le mattine, essere educato, fare raccolta differenziata con ogni tipo di rifiuto o comprarmi i ciddì dopo averli sca*icati (solo quelli più belli, eh).
Se tutto ciò dovesse avverarsi saranno veramente cazzi. Cazzi dovuti al mix letale composta da perdita-di-lavoro più mancanza-di-soldi.
E questa sorta di finta maschera di cinismo che mi faccio cadere addosso non basterà di certo a proteggermi questa volta. Che poi in questo momento dovrei già essere in qualche paese dell’est europeo, impegnato in un programma di sviluppo economico agli ordini di un qualsiasi istituto pubblico di collaborazione internazionale, con uno stipendio immorale pagato da voi contribuenti. Ma questo progetto, per colpa mia, è ancora un sogno. Ora lo stipendio immorale ce l’ho, ma in un altro senso, con buona pace dei mammasantissima del sindacato, per i quali non esistiamo e quindi se ne fottono allegramente di quelli nella mia condizione.

Mano sul cuore

Visto che in questo periodo sono in vena di sentenze assolutiste, ho deciso da un po' di giorni che, when I am king, Angeles di Elliott Smith diventerà il nuovo inno Americano.
È giusto sappiate che ha vinto all'ultimo secondo contro Ashes Of American Flags dei Wilco.
Uh-huh, uh-huh, uh-huuuh.

Sò tutti froci col culo degli altri

E ora fai a pugni con la vita. E probabilmente ti senti quello strano sapore di ferro in bocca, del sangue che stai sputando: sono solo i pugni che hai preso, ma sei ancora in piedi.
Ti fai settantacinque domande, di risposte ne trovi poche e per giunta ti sembrano tutte sbagliate. Ma non ti preoccupare, non è che tu sia la persona più lucida del mondo in questo momento. Se guardi troppo intensamente una foto i suoi contorni cominciano a sfumare e a confondersi, se pronunci troppo spesso una parola, sembra perdere di significato. Quindi se ora cerchi solo tutti gli errori che hai fatto, per meglio metabolizzare il trauma, in realtà stai cercando i tuoi errori senza chiederti se tu ne abbia fatti veramente. Non ci sono errori nel porre fiducia nella persona che vorresti accanto a te, non ci sono errori nel lasciarsi trasportare dalla passione ed aprire il cuore.
Se stai cercando una lezione in tutto questo è che a lanciarsi con entusiasmo, anche se poi si finisce con le ossa rotte, si vince sempre.
Presto tornerai ad essere straripante e a quella finta leggerezza, senza mai essere superficiale, che sono le tue migliori qualità. Riusciresti a trovarle anche se si volessero nascondere. E quando tornerai a sorridere, vedrai, una risata la seppellirà.
Se ti poni settantacinque domande e ottieni poche risposte, tra quelle che ti mancano c'è sicuramente un bel vaffanculo.
Ricomincia da qui.

Forza Giacomino

Ci siamo quasi, le elezioni sembrano sempre più imminenti. Proprio nel momento in cui sono arrivato al massimo grado di disaffezione e sfiducia verso la politica. Per questo, animato più che altro da spirito di conservazione, perché pensare allo stato attuale della nostra italietta è piuttosto deprimente, mi faccio forza, mi convinco quasi e delibero che: nonostante l’incapacità manifesta nel promulgare leggi elettorali decenti (come minimo costituzionali), le collusioni mafiose, i mafiosi, gli appalti pubblici pilotati, le concussioni, l’attaccamento strenuo e forzato alle poltrone, gli interessi personali, le leggi ad personam ed il populismo, la politica italiana non è poi tanto male.

Margerine

Una puntata dei Simpson, la musica, l’etica e l’estetica dei primi anni novanta.
Manca solo un libro di narrativa inglese, l’ironia intelligente e dissacrante di Luttazzi ed un documentario di Atlantide su La7 per farmi felice.


Non si esce vivi dagli anni ottanta, però pure dai novanta non si scherza.
Nostalgia portami via.

Grazie a
stereogram. E vabbè, pure a stereogum.

So long, goodbye

Eppure non me l’aspettavo. Forse negli ultimi mesi ti avevo un po’ trascurata, questo è vero. Negli ultimi tempi ci vedevamo sempre meno e non c’era già più quell’intesa, quell’entusiasmo che caratterizzava le nostre prime uscite. E tutte quelle attenzioni pian piano hanno lasciato il posto all’abitudine; tutto dopo un po’, ahimé, diventa consueto. Ora quasi logoro. Mai però ho pensato che sarebbe finita così, all’improvviso.
Se ripenso a tutti i soldi che ho speso per te, ma no, ora non è il tempo delle recriminazioni, questo è il momento per riflettere su tutti gli errori che ho fatto. Non mi pento di tutti i sacrifici che ho dovuto fare per te, non sarebbe giusto, nei miei confronti, nei tuoi, e della nostra storia.
Mai però, lo giuro, ho sottovalutato il tuo valore. Sei sempre stata un vanto per me, soprattutto tra gli amici, e perdonami se detto così sembra di cattivo gusto. Proprio le amiche e gli amici che ora cercano di infondermi coraggio, dicendomi di farmi forza, ed io che fingo di ascoltarli, di seguire i loro consigli, invece non faccio altro che pensare a te. Quante volte abbiamo cantato insieme e le casse sembravano quasi scoppiare. Come ti muovevi sensuale sotto di me, nervosa sospiravi ogni volta che affondavo.
Sei stata la compagna e testimone di molti momenti, sempre passati insieme.
Capita che si rompa qualcosa e, a volte, per trascuratezza, si lascia passare troppo tempo. Tanto pensi che, prima o poi, ogni cosa si possa risolvere e tornare al proprio posto. Solo che questa volta sembra tutto così irreparabile. Ed io sono così stanco ora, anche un po’ rassegnato.

E poi, sinceramente, se proprio devo dirla tutta, mi ero proprio rotto i coglioni di tutta l’acqua che perdevi.
Addio, mia piccola 600.