La città più bella del mondo, vista con gli occhi di dufresne, part trì - Because this river is wiiiiild

Sottotitolo: La città più bella del mondo che ha dato i natali a Raoul Bova, però pure a Gigi Proietti, voglio dire, part trì - appart tutt questo non è un blog fotografico.

Novocaine for my soul

Arriva un po’ per tutti, alla soglia dei trent’anni, un momento triste nella vita in cui, dopo aver passato metà dell’esistenza a saltellare da un concerto all’altro, si pensa quasi con fastidio all’idea di partecipare ad un qualsiasi evento che richieda di stare rinchiusi insieme a mille sconosciuti, spesso maleodoranti, ad ascoltare musica.
Per fortuna che ci sono
loro a ridarmi entusiasmo, manco fossi Bart al suo primo concerto ruoook degli Spinal Tap; anch’io pieno di energia e ansioso di fare a capocciate con il mio vicino di posto.

La morte della politica

Titolo impegnativo, eh? Non preoccupatevi, sto solo per dirvi, as always, le solite quattro banalità e/o strunzate.
Perché le persone sentono così forte e necessario il bisogno di schierarsi? Gente intorno a me, che in America avrebbe votato la Clint*n, perché-finalmente-una-donna-al-governo, senza preoccuparsi minimamente del programma. Come quelli che hanno sostituito l’antica superstizione chiamata religione con i loro dogmi materialisti, ignorando che la scienza non è la verità, Milano non è la verità, etc... Incoraggiati da quattro docenti che probabilmente anche loro ignorano che esiste una cosa chiamata filosofia della fisica, la cultura insita nella teologia ed infine il diritto di manifestarle.
Segno del fatto che la laurea non fa necessariamente di un uomo una persona di cultura, come il pollice opponibile non fa di tutti necessariamente un uomo (Sapiens), ma permette almeno di premere il grilletto di un fucile per
la rivoluzione.
E tutti quei pròdi (piaciuto il gioco di parole? no, eh) che si affannano a difendere il governo; senza mai spendere una parola per quelli a progetto come me, che in quanto a diritti stiamo messi peggio di Guantanamo.

Dancer in the dark

Insane in the brain, via Daily Telegraph.
In poche parole, se vedete la procace donzella girare in senso anti-orario, allora è la parte sinistra del vostro cervello che lavora di più (quindi, come da tabella nel link, siete più logici e razionali). Se la vedete girare in senso orario, come il sottoscritto, allora usate di più la destra (le cui funzioni vi portano ad essere più emotivi e ad usare di più l'immaginazione). Se non la vedete proprio, fatevi vedere voi. Da uno bravo.
Se infine vi state chiedendo come sia possibile che la persona accanto a voi la veda roteare nel senso opposto al vostro, allora aspettate qualche minuto, fate abituare il vostro cervello, e vedrete che cambierà verso anche a voi, almeno per un attimo.
Ah, se non la vedete cambiare mai siete un po' psicorigidi, ma sempre meglio dell'ammore mio che, evidentemente essendo psicopatica, la vede cambiare direzione quando va bene ogni 10 secondi.

The rain before it falls

Andai a raggiungerle, ma Rebecca non si girò quando sentì i miei passi sui ciottoli. Si schermò gli occhi, guardò le montagne e disse: “Guarda quelle nuvole. Ci sarà un bel temporale se vengono da questa parte”. Thea sentì l’osservazione: era sempre molto rapida nel notare i cambiamenti d’umore - restavo sorpresa, ogni volta, nell’accorgermi di quanto fosse sensibile, pronta a recepire gli stati d’animo degli adulti. “Per questo hai l’aria triste?” si sentì in dovere di chiedere. Rebecca si girò. “Chi, io? No, non mi dispiace la pioggia estiva. Anzi, mi piace. È il tipo che preferisco.” “Il tuo tipo di pioggia preferito?” disse Thea. Ricordo che aveva la fronte aggrottata, mentre rifletteva su queste parole, poi annunciò: “Be’, a me piace la pioggia prima che cada”. Rebecca sorrise della trovata, ma io (in modo molto pedante, suppongo) dissi: “Però prima che cada non è proprio pioggia, tesoro”. “E allora cos’è?” disse Thea. E io spiegai: “È solo umidità. Umidità nelle nuvole”. Thea abbassò gli occhi e si concentrò, ancora una volta, a scegliere i ciottoli sulla spiaggia: ne raccolse due e prese a batterli uno contro l’altro. Il suono sembrava darle piacere. Non mi arresi: “Sai, Thea, non esiste una cosa come la pioggia prima che cada. Deve cadere, altrimenti non è pioggia”. Era un principio stupido su cui insistere con una bambina, e mi pentii di aver cominciato. Ma Thea sembrava non avere alcuna difficoltà ad afferrarlo, semmai il contrario - perché dopo qualche minuto mi guardò e scosse la testa con aria di commiserazione, come se stesse mettendo a dura prova la sua pazienza dover discutere di questioni del genere con una ritardata. “Certo che non esiste una cosa così,” disse. “È proprio per questo che è la mia preferita. Qualcosa può ben farti felice, no? Anche se non è reale.” Poi corse verso l’acqua, con un gran sorriso, felice che la sua logica avesse riportato una vittoria così sfacciata.
[...]

Erano più di dieci anni che non viaggiavo su queste strade. Sembravano assolutamente familiari; e allo stesso tempo assolutamente estranee e lunari. Non riuscivo a conciliare queste due sensazioni. Ricordo questo sentimento - questo pensiero - con estrema chiarezza. La consapevolezza che a volte è possibile – se non necessario – coltivare idee contraddittorie; accettare la verità di due cose che si contraddicono a vicenda. Stavo solo iniziando a capirlo: a riconoscere che questa è una delle condizioni fondamentali della nostra esistenza. Quanti anni avevo? Trentatré ne avevo. E dunque, sì: si può dire che avevo appena cominciato a crescere.


Leggere un libro od ascoltare musica non sono esattamente la stessa cosa, ma questo lo sanno tutti. Richiedono, a volte, diversa attenzione, anche se le emozioni possono essere le stesse; le musiche o le liriche di un album possono catturarti più di un testo scritto, o può avvenire il contrario.
Leggere un libro non è come ascoltare musica. Soprattutto in questo periodo: puoi scaricarti gli emmepitre e poi, se hai la fortuna di trovare grandi opere, tirare fuori il portafogli. Per i libri devi ancora fidarti del giudizio altrui, che poi è anche piacevole e costruttivo ascoltare i commenti di altre persone, soprattutto di quelle che stimi. Allora sfogli la tua solita rivista (che un giorno metterai tra i link del tuo blog, se solo avesse un sito) e ti fermi curioso a leggere l’ennesima recensione. Ma come, il tuo eroe della moderna narrativa inglese ha scritto qualcosa che non vale la pena comprare e leggere?
Ecco, a volte vale la pena rischiare, lasciarsi guidare dal cuore. Per poi cercarlo – il cuore – e ritrovarlo solo in qualche parte intorno alla gola, forse impegnato a scappare da tanto peso, di un viaggio nella memoria dove il colore che meglio si ricorda è il grigio. Qui c’è il sapore e l’odore di mille mondi che sono uno solo, molte esistenze che sono così legate da divenire le stesse.
Non fidatevi delle critiche negative che ha ricevuto. Questo libro è poesia.

Impressioni in gennaio

Rifletti, se tuo cognato nel suo live space inserisce le foto di tutti ma proprio tutti, tranne la tua, un qualche dubbio dovresti pur fartelo venire. Del tipo che la posa da assumere in una foto per renderla un minimo decente sarebbe farti riprendere di spalle, al buio o al limite con in testa il casco della tua motoretta mentre, per allacciarti le scarpe, guardi in basso. Insomma una in cui non si veda la tua faccia. Pensaci.

If ever there was someone to keep me at home, it would be you...


In vista di tutte le nominations per la colonna sonora, in premi più o meno popolari o rinomati. Tutti inutili. Senza dire se sia giusta o sbagliata la ricerca di tanta visibilità, ché ne ho le palle piene dei moralisti della vita degli altri.
Sì, il video fa abbastanza cagare. Però saranno quaranta minuti che ascolto ‘sta canzone. Ultimamente mi ero allontanato dal suo/loro mondo, ora è semplicemente commovente tornare, come ogni volta, ad innamorarmi di quest’uomo e del suo talento immenso. C’è più anima nella sua voce, che in tutte le parole che i poeti possono scrivere. So, play >>.

Epifanìa


Non nel senso di adorazione dei Magi o della vecchia signora portatrice di doni.
Quanto piuttosto di manifestazione, rivelazione. Il tutto nella mia mente, nell'immediata quanto improvvisa consapevolezza -seguita alla visione di un capolavoro- che i film che hanno caratterizzato la mia adolescenza sono ancora quelli che riescono più ad emozionarmi, farmi infuriare, pensare, perfino sognare. Sentirmi vivo.
Meno profondo di quelle immagini, ma altrettanto sentito, quello che scrivo. Sarà che con il cervello mi sono fermato all'età degli scompensi ormonali e dei grandi ideali, dei miti fasulli e dei sogni più o meno irrealizzabili. Oppure, perché probabilmente in quelle pellicole ci sono semplicemente emozioni senza tempo. Premio simpatia per chi ha pensato alla prima opzione.
Vabbè, io vado. Ché domani mattina devo alzarmi prima, così mi compro la Smemo e ci scrivo su i testi dei Peggèm...