Ringrazio Dio, che mi ha fatto troppo poco intelligente [edited]

Fino a marzo non credo che riuscirò a trovare il tempo, e la voglia, di tediarvi con il blog. Tra poco più di un mese ho un esame molto importante e conciliare studio e lavoro assorbe praticamente ogni momento della giornata. E se lui ha smesso di suonare, io posso di certo smettere di scrivere. Almeno per un po’.
Al limite potrei affacciarmi da queste parti durante il prossimo mese se, random:

- dovesse cadere il Governo (però in questo caso lo farei dopo una settimana di festeggiamenti)
- trovassi improvvisamente un lavoro un po’ meno precario e decisamente più pagato
- dovessi finire di leggere un meraviglioso regalo che ho iniziato proprio ora (che tempismo)
- riuscissi a vedere quello che ho già deciso sarà un capolavoro su pellicola
- dovesse smettere di piovere su questa cazzo di città
- riuscissi ad imparare ad avvicinarmi alla mia famiglia senza farmi condizionare dalla negatività
- o, al limite, se dovesse circolare un video porno-amatoriale di Vane**a Incontr**a

Ma la vedo dura.
Stay positive.

Se bastasse Obama [La frase del giorno]

Tempo fa “Vanity Fair” fece un articolo sui dissidenti americani. C’era una bellissima foto di gruppo che ritraeva me, Kurt Vonnegut e Norman Mailer. Quando prendi tre ottuagenari come esempio di opposizione intellettuale, quello è il segnale più evidente che un paese è alla rovina. Da anni, ormai, io li chiamo Stati Uniti dell’Amnesia. Nessuno sembra ricordarsi da dove veniamo...

(Gore Vidal)

Via non-mi-ricordo-la-fonte.

dufresne in “Scuse sceme per procrastinare responsabilità”

Certo che la vita è proprio dura. A volte ti mette di fronte a scelte estreme, da un giorno all’altro. Non bastava lo stato in cui ti riduci quando lei parte per qualche giorno. Quando tu sei the king indiscuss of the stanza, invece di metterti a studiare, pensi bene che sia più istruttivo atteggiarti in mosse da poser e far finta di essere troppo occupato. Allora è inutile che non apri feisbuk da un mese, perché sennò perdo troppo tempo. L’alternativa allo studio era suonare le canzoni degli Arcade Fire con la pianola Bontempi di quando eri piccolo.
Indovinate alla fine che ho fatto?

Oggi un Dio non ho (oddio, ho citato Raf)

Vabbè, la storia la sanno più o meno tutti, quella dei bus a Genova con le scritte dell’UAAR, che in realtà non si leggeranno mai, ora lo sappiamo. Riguardano Dio. Dio, rigorosamente maiuscolo, ché dicono sia un tipo piuttosto incazzoso; una volta ha ucciso tutti i primogeniti in Egitto, non credo si faccia degli scrupoli con un blogger ormai non più tanto giovane.
La questione è semplice, o meglio piuttosto complessa, però risolvibile in poche mosse.
Tecnicamente ogni panegirico e apologia della sua esistenza ha la stessa -nulla- validità di quella di chi si impegna a dimostrare il contrario. Per pura e semplice logica, dimostrare l’esistenza o l’inesistenza di Lui (non lo nomino più invano, perché a quanto pare si fa rodere pure così, oh, mica solo voi potete essere permalosi) è ugualmente impossibile. Però ho sempre anche pensato che l’onere di dimostrare l’esistenza di qualcosa sia di chi la sostiene. Confutare poi quelle affermazioni sarebbe il compito gravoso di un ateo. Io, da buon agnostico, me ne tiro fuori. Comodo, vero?
Certo, le prove della non-esistenza sarebbero molto più evidenti e sotto gli occhi di tutti, ogni giorno. Ma dicono che esista un disegno divino a noi incomprensibile e che le sofferenze terrene siano solo un passaggio verso la vita eterna. Il problema è appunto questo: il farsi condizionare l’esistenza da una regola, una condotta di vita incerta perché espressa dall’uomo (nella migliore delle ipotesi, ma indimostrabile, dalla volontà divina espressa attraverso l’uomo). È questo il più grande ostacolo per il non credente: l’uomo.
Di sicuro non esiste il dio degli uomini. Con tutte le guerre, saccheggi, violenze, privazioni inflitte in suo nome. Quindi questo vuol dire che qualsiasi confessione religiosa, ed ogni chiesa che da essa è nata, non possiede basi solide. Per basi solide intendo la Storia.
Il vero problema è sapere se esiste l’entità che l’ha creato e che parla a suo nome, nel modo retto o meno che sia.

Credo (strana parola usata in questo contesto, vero?) che anche la celebre
scommessa di Pascal -e da alcuni citata in questi giorni- (conviene credere in Dio, perché: - se Dio esiste, si ottiene la salvezza; - se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere) si possa ormai rovesciare. Pur se da un punto di vista puramente edonistico. Non conviene credere in Dio, perché: - se esiste, è molto probabile che si vada dritti all’inferno se non si vive la propria vita secondo dogmi e regole altamente invalidanti; - se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza molto poco lieta, viste le privazioni alle quali ci siamo sottoposti in suo nome.
Perché, non fate gli ipocriti, secondo tutte le religioni del mondo molti comportamenti ai quali siamo soliti abbandonarci ci spedirebbero direttamente tra le fiamme od in qualsiasi altro modo sia immaginato l’inferno. Mi vengono in mente soprattutto quelli di natura sessuale. Anche scopare per puro piacere, in un atto non diretto alla pura procreazione, quindi in ogni posizione voi amiate contorcervi con il vostro partner. O da soli. O con il vostro cane.
Io sarei condannato dall’età di undici anni. Quanto seme ho disperso. E “per fortuna” che non sono omosessuale (anche se giro con la tracolla, no, non lo sono), altrimenti, probabilmente, non ascolterebbe neanche il mio vigliacco pentimento in punto di morte.
Per non parlare delle innumerevoli volte in cui l’ho bestemmiato, mandato affanculo mio padre, desiderato la donna d’altri, etc… eppure, almeno quelli che mi conoscono, sanno che non sono un mostro. Almeno loro lo sanno, e a me questo basta.
Però la smetto qui, non vorrei esagerare e farmi trasformare per la mia presunzione da un dio vendicativo a caso in un qualche essere con il busto umano, la coda di cavallo, la faccia da rospo e le zampe di caprone. Però, prima di concludere il post un’altra cosa la vorrei scrivkendchoudghpui…



- Senta Dio, quando ho iniziato con l’onanismo non sapevo neanche il significato della parola, quindi non è colpa mia, ero piccolo e ingenuo. Poi, poi, lo sa, è difficile smettere, e così…
- Ma fammi il piacere, guarda che Io c’ero. Me lo ricordo il prete che vi parlava di masturbazione e ve lo piegava nella teoria e nella pratica. No aspè, quello era un altro…
Comunque sia, come la giustifichi allora la tua insana passione per la fellatio?
- Ehm, cosa sarebbe?
- Dai, che non lo posso dire…
- Ho sempre studiato, ma il latino, lo sa meglio di me, è sempre stato il mio punto debole…
- Mi stai prendendo in giro? Ti ho sentito scherzarne con gli amici…
- Ah, giusto. No, veramente, è solo perché è il miglior contraccettivo… (dufresne comincia a sudare)
- È vietato anche quello. E poi, ti ho già avvertito, non prendermi in giro.
- Ah… (dufresne comincia ad intuire l’origine di cotanto calore: le fiamme)
- E come la mettiamo allora con il sesso anale?
- Sbagliavo buco. Sono uomo, quindi imbranato, giusto?
- Guarda che mica sono una femminista, mi volevi veramente imbrogliare con questi mezzucci? Questo è l’ultimo avvertimento.
E comunque non ci sono giustificazioni plausibili e possibili per il tuo uso del preservativo. Di quello non potevi non accorgerti!
- Beh, si ricorda di quella sua legge
Non disperdere il seme?
- Sì, comunque è un Comandamento. E poi ne hai scritto anche nel blog, quindi vieni al dunque.
- Ah, legge il mio blog, mi fa piacere, che onore! Qual è il post che preferisce?
- L’ho letto solo perché leggo tutto e so tutto, non ti montare la testa. E vieni al dunque, che mi sto innervosendo e comincio a sentire caldo.
- Ok, ok (per dufresne in questo momento
sentire caldo è più che latro un eufemismo)…
Dicevo, quella sua leg… comandamento, quello del seme, dice di non disperderlo, no?
- Sì, e allora?
- Lo conservavo nei preservativi…
- Zac!
- Hndw chur hnenchj nruioehn!?

Pietro Ielp Center*

Non fare battute sceme, non fare battute sceme, non fare battute sceme. Me lo immagino così, il valente Peter, con questi imperativi che gli passavano per la testa durante l’incursione delle telecamere della rai nell’ufficio dove lavora. Quei ragazzi se lo meritavano questo servizio, anche se nel risultato finale non traspare perfettamente tutta la fatica, la dedizione, l’impegno e lo sforzo psico-fisico cui sono sottoposti ogni giorno. Diciamo che la loro utenza non appartiene proprio all’umanità che faresti uscire con tua figlia.
Nel video è uno di quelli che non parla. Nel video, perché nella vita credo non riesca a stare zitto per più di trenta secondi. Lì non parla perché fa il finto asociale ed il finto cinico, scudi con cui si protegge, vesti nelle quali ama celarsi, ma alle quali non crede nessuno. Umanità, professionalità e contagiosa simpatia. Sì sì, eil petto gruosso; contento ora? Così me lo immagino al lavoro. Così è nella vita.
Credo l’abbiate capito che sono veramente orgoglione del mio amico.

So, the snowflakefallsinmay distributions is very proud to introduce you to: I senza fissa dimora [by rainews24]

*questa espressione l’ha coniata direttamente il giovine protagonista del post, anche se in pochi la capiranno, ma va bene così.

I am Sam


Sam Beam è nato in South Carolina, ma potrebbe venire tranquillamente da uno sperduto paesino del deserto texano dell’ottocento, nessuno se ne accorgerebbe. Ha un volto senza tempo, come le sue canzoni, che profumano di terra e radici. Uno dei suoi capolavori è Lovesong of the Buzzard, contenuta in quello che per lui è semplicemente il suo ultimo disco (the Shepherd's Dog) e per tutti gli altri un punto di riferimento praticamente irraggiungibile della nuova musica americana.
Qui, otto di quelle canzoni, appaiono asciugate rispetto all’edizione pubblicata su disco, in una versione alternativa solo chitarra e voce che mostra tutta la loro scarna bellezza. Non saranno gli archivi di Neil Young, però... Tra questi demo, una spicca tra tutte, come Venere nel cielo tra le altre stelle. Se possibile, ancora più splendente della versione che ho ascoltato ed amato fin’ora.

Lovesong of the Buzzard (Fall 2007 alternate version) [mp3]

Lo fo che non fono solo, anche quando fono folo

Il mio maestro spirituale, come ogni buona guida che si rispetti, ha un nome esotico. Lavora sotto mentite spoglie nel mio stesso ufficio con le sembianze di un quarantenne sudanese poco avvezzo all’igiene personale. Lui è l’illuminato, il profeta di una vita lontana dai moderni bisogni e costrizioni.
Trova meno soldi in busta paga, e lui, serafico, non si lamenta.
Gli danno appuntamento per l’installazione di una caldaia e lo sequestrano praticamente in casa per quattro ore, senza poi presentarsi, né telefonare per avvertire. E lui, niente, tranquillo il giorno dopo chiama e prende un nuovo appuntamento.
Gli mandano per posta moniti di pignoramenti vari per non aver pagato un servizio-truffa-non-richiesto sul suo cellulare e lui, come se non stesse andando incontro ad una grandissima rottura di coglioni giudiziaria, si deve quasi far convincere a scrivere una lettera di chiarimenti e proteste.
Ci consegnano un modulo per le tasse comprensibile come il codice di Hammurabi e lui, senza perdere l’autocontrollo, pensa bene di uscire dalle sabbie mobili della burocrazia semplicemente non compilandolo.
I maligni dicono che sia solamente un rincoglionito, incosciente e un po’ borderline. Io credo sia un genio zen, un luminare della filosofia dell’autocontrollo. Io, in due o tre dei casi che ho elencato, come minimo avrei urlato e bestemmiato per qualche ora, con conseguenti minacce di morte sparse. No, dai, le minacce no.
Probabilmente quando lo licenzieranno lui continuerà a presentarsi tutte le mattine al lavoro come se nulla fosse cambiato. Senza di lui, a me non resterebbe che chiedere istruttivi consigli alla mia scrivania, che purtroppo di solito, quando interrogata, tende a rimanere in silenzio. Come lui, del resto.

Il dio delle piccole cose

Siòri e siòre, la nuova rubrica di dufresne: “La frase del giorno”.

When I was a kid I used to pray every night for a new bicycle.
Then I realised God doesn’t work that way, so I stole
one and prayed for forgiveness.


(Emo Philips)

Via Banksy.

Seicentottanta

680. Cos’è, l’autobus che porta alla Bufalotta? Il civico dell’Aurelia dove ha la sua pescheria Giggino er pesciarolo? Le donne che Cassano millanta trombarsi in un anno? Niente di tutto questo. Seicentottanta è l’immorale importo della mia busta paga.
Ma che bello, che bello. Tornare al lavoro dopo le feste e ritrovarsi a dover forzatamente spazzare via tutti i buoni propositi e le illusioni che ogni inizio di anno porta nell’immaginario di ognuno. Al di là di quanto possa essere considerato vacuo tutto ciò, al di là delle convenzioni sociali, ognuno fa i conti con il passato e con quello che lo aspetta. È come un rito di purificazione, basta non essere così stupidi da illudersi che il semplice cambio di un numero sul calendario possa portare necessariamente un cambiamento migliore. Mica lo sa il calendario. Però non puoi farci niente, è un gioco al quale, più o meno tutti (vero Peter?), non vogliono sottrarsi. Già, viviamo dandoci regole assurde. E il più delle volte, se si è onesti con se stessi, è un gioco di sottrazioni. Ma io non sono così pessimista, così mica potevo minimamente immaginarmi che al mio ritorno avrei trovato molti meno soldi del previsto in busta paga, le colleghe oche che rompono i timpani, e le palle, con le loro fantastiche e interessantissime storie di shopping per almeno tre, e dico tre, ore di fila. At least, but not the last, i capi che quando passi e li saluti al massimo rispondono con un rapido cenno parkinsoniano della testa. Seicentottanta sono i cv che spedirò nei prossimi giorni. Seicentottanta sono i vaffanculo che ho dedicato a tutti loro.

So this is Christmas


Non sono mai stato bravo a comprendere le cose velocemente. Ed anche le cose che capivo subito, le scordavo presto. Dalla vita, invece, credo di aver imparato un po’ più di lezioni. Voglio dire, ricordo ancora quando iniziò la Rivoluzione Francese e qual è la capitale del Mozambico. La capitale del Mozambico è Maputo e l’Ancien Régime cominciò a sgretolarsi nel 1789. Lo scrivo giusto per non farmi passare da solo come il più totale dei rincoglioniti, non sia mai. Potrei anche citarvi a memoria interi paragrafi di OceanoMare. Di altri libri invece, pur avendoli amati molto, conservo solo le emozioni che mi hanno trasmesso, l’atmosfera che vi si respirava, gli insegnamenti che in qualche modo ne ho tratto; in fondo sono gli aspetti più importanti, no? Ma è passato troppo tempo. Ad esempio, Moby Dick narrava le avventure di un cane perso nella tormenta nei boschi della tundra russa, giusto? No no, la tundra è priva di alberi. Vi avevo avvertito che la mia memoria non copre propriamente il lungo periodo.
Nella vita, oltre ad aver imparato cose e scordate quasi altrettante, ho visto passarmi sotto agli occhi occasioni e speranze, condannato spesso, per colpa mia, ad essere spettatore. O forse, più comodamente, non sono mai stato così fortunato. Ma non avrei mai pensato di dover arrivare alla soglia dei trent’anni per capire che il più bel regalo di Natale non si può acquistare con i soldi. Nessuno può comprarlo o farlo uguale. È tuo, solo tuo, perché per te è stato pensato.
Ho poca memoria, ma certi ricordi rimangono impressi più in quell’organo che pompa il sangue, che nel cervello. E le emozioni non ingannano. Ora so che il più bel regalo è una dedica su di un libro. Sì, quello è stato comprato, altrimenti non ci si può scrive sopra, ma non starei qui a sottilizzare. Impresso su di un pezzo di carta sarebbe stata la stessa cosa. Le parole, oltre ad essere più pesanti, sono anche più importanti degli oggetti, perché te le puoi portare sempre dietro, soprattutto quelle pensate e ricamate su di te.