Lo fo che non fono solo, anche quando fono folo

Il mio maestro spirituale, come ogni buona guida che si rispetti, ha un nome esotico. Lavora sotto mentite spoglie nel mio stesso ufficio con le sembianze di un quarantenne sudanese poco avvezzo all’igiene personale. Lui è l’illuminato, il profeta di una vita lontana dai moderni bisogni e costrizioni.
Trova meno soldi in busta paga, e lui, serafico, non si lamenta.
Gli danno appuntamento per l’installazione di una caldaia e lo sequestrano praticamente in casa per quattro ore, senza poi presentarsi, né telefonare per avvertire. E lui, niente, tranquillo il giorno dopo chiama e prende un nuovo appuntamento.
Gli mandano per posta moniti di pignoramenti vari per non aver pagato un servizio-truffa-non-richiesto sul suo cellulare e lui, come se non stesse andando incontro ad una grandissima rottura di coglioni giudiziaria, si deve quasi far convincere a scrivere una lettera di chiarimenti e proteste.
Ci consegnano un modulo per le tasse comprensibile come il codice di Hammurabi e lui, senza perdere l’autocontrollo, pensa bene di uscire dalle sabbie mobili della burocrazia semplicemente non compilandolo.
I maligni dicono che sia solamente un rincoglionito, incosciente e un po’ borderline. Io credo sia un genio zen, un luminare della filosofia dell’autocontrollo. Io, in due o tre dei casi che ho elencato, come minimo avrei urlato e bestemmiato per qualche ora, con conseguenti minacce di morte sparse. No, dai, le minacce no.
Probabilmente quando lo licenzieranno lui continuerà a presentarsi tutte le mattine al lavoro come se nulla fosse cambiato. Senza di lui, a me non resterebbe che chiedere istruttivi consigli alla mia scrivania, che purtroppo di solito, quando interrogata, tende a rimanere in silenzio. Come lui, del resto.

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