Seicentottanta

680. Cos’è, l’autobus che porta alla Bufalotta? Il civico dell’Aurelia dove ha la sua pescheria Giggino er pesciarolo? Le donne che Cassano millanta trombarsi in un anno? Niente di tutto questo. Seicentottanta è l’immorale importo della mia busta paga.
Ma che bello, che bello. Tornare al lavoro dopo le feste e ritrovarsi a dover forzatamente spazzare via tutti i buoni propositi e le illusioni che ogni inizio di anno porta nell’immaginario di ognuno. Al di là di quanto possa essere considerato vacuo tutto ciò, al di là delle convenzioni sociali, ognuno fa i conti con il passato e con quello che lo aspetta. È come un rito di purificazione, basta non essere così stupidi da illudersi che il semplice cambio di un numero sul calendario possa portare necessariamente un cambiamento migliore. Mica lo sa il calendario. Però non puoi farci niente, è un gioco al quale, più o meno tutti (vero Peter?), non vogliono sottrarsi. Già, viviamo dandoci regole assurde. E il più delle volte, se si è onesti con se stessi, è un gioco di sottrazioni. Ma io non sono così pessimista, così mica potevo minimamente immaginarmi che al mio ritorno avrei trovato molti meno soldi del previsto in busta paga, le colleghe oche che rompono i timpani, e le palle, con le loro fantastiche e interessantissime storie di shopping per almeno tre, e dico tre, ore di fila. At least, but not the last, i capi che quando passi e li saluti al massimo rispondono con un rapido cenno parkinsoniano della testa. Seicentottanta sono i cv che spedirò nei prossimi giorni. Seicentottanta sono i vaffanculo che ho dedicato a tutti loro.

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