Cambio rotta, cambio stile, scopro l'anno bisestile. Questo è il duezerozerootto.

Così, anche quest’anno, torna a grande richiesta la classifica dei dischi usciti negli ultimi dodici mesi by dufresne. Considerate però che una delle due affermazioni è falsa e che l’altra è un dato di fatto.

Perché nasconderlo, questo è stato definitivamente l’anno in cui l’indie ha fatto rima con hype. Qualsiasi cosa voglia(no) dire. Allora uso le mie cartucce, faccio lo sborone e vi dico che ascolto ed amo gli Okkervil River dal 2003 ed i Sigur Rós dal 1999. Saranno solo numeri, ma per me sono importanti.

Ci avevano detto che sarebbe arrivato un giorno in cui saremmo stati in grado di scrivere con il pensiero. Erano gli anni Settanta e quel giorno era immaginato confuso in qualche parte intorno al Duemiladieci. Non credo ci arriveremo. Però sarebbe bello se tutti riuscissero a scrivere con il cuore. Quello sarebbe un gran risultato. Ed è proprio in questo modo che ho cercato di riportare questa classifica. Questi sono i dischi che mi hanno fatto divertire, gioire, piangere, incazzare, commuovere. E, in alcuni casi, imparare tutti i testi a memoria.
Quando si stila una classifica di fine anno, c’è sempre il rischio di farsi condizionare dalla visibilità e/o qualità oggettiva, quindi bando alle indie-seghe (mentali): eccovi i dischi importanti, quelli che sono stati per me emotivamente più vivi e che realmente mi hanno accompagnato.

Avrei voluto scriverla a ritroso, partendo dall’undicesima posizione per scivolare poi, commento dopo (breve) commento, verso la prima. Così avrei creato un po’ di suspense e sarebbe stato più interessante leggerla, scoprirla pian piano. Ma poi ho pensato che ‘sta cosa possono permettersela solo i bravi scrittori ed anche che per una personale classifica di fine anno è già tanto che siate arrivati fino a qui. Ma soprattutto non vorrei vi perdeste il disco più amato dal sottoscritto, sarebbe un peccato.


1. Conor Oberst - s/t
Conor si rinchiude con un gruppo di amici, senza la maniacalità per le sfumature di Mike Mogis, in una casa isolata nella Valle Mistico messicana e registra in un mese un capolavoro. Che sa di terra, sole e stelle come non se ne vedono qui, tradizione ed intimità. Classico nella più nobile delle accezioni. In più lo fa sembrare come la cosa più semplice e normale del mondo. Io dal primo ascolto lo faccio mio, nella musica e nei testi. Cape Canaveral è la canzone dell’anno, degli anni duemila, del decennio, etc…

2. Sigur Rós - Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust I miei islandesi preferiti aprono la finestra e scoprono che c’è il sole. Una scoperta ancora più entusiasmante, perché il resto è la certezza di vibrare ad ogni nota.

3. Okkervil River - The Stand Ins
E queste sarebbero le canzoni scartate per il precedente disco? Uno dei gruppi da me più amati, semplicemente perché uno dei più profondi ed intensi. Siamo tutti sempre più emotivamente instabili e Will Sheff è il mio co-pilota.

4. Bon Iver - For Emma, Forever Ago
I fantasmi di Justin Vernon, lontano dal suo amore. Un urlo che è un sussurro, carico di solitudine. L’ennesima conferma, se ma ce ne fosse stato bisogno, che da queste parti il cuore batte al ritmo di una sei corde acustica.

5. Nada Surf - Lucky Perché leggerezza non vuol dire necessariamente superficialità.

6. The Shackeltons - s/t Fuori dalle mode e dal tempo. Stagione in cui i Fugazi sono i re del mondo e comandano in modo retto e giusto. Ascoltate Your Movement.

7. Paolo Benvegnù - Le Labbra
Il cantautore più talentuoso, poetico ed ignorato della penisola. Un mistero nel mistero.

8. Offlaga Disco Pax - BacheliteIl solito disco con i testi da mandare giù a memoria. In più c’è Venti Minuti.

9. Death Cab For Cutie - Narrow Stairs
È inutile aspettare un nuovo Transatlanticism, quell’equilibrio perfetto tra rock, eleganza, emozioni e poesia. Quello era IL disco, e so che sarà irripetibile. Ma qualche lacrima l’ho sentita scorrere sul mio viso anche con il piano rhodes di Grapevine Fires. E poi Ben Gibbard si conferma narratore dei sentimenti come pochi se ne trovano in musica.

10. Margot & The Nuclear So and So's - Animal!

Una conferma, grazie a questo ennesimo gioiello pop che mi fa sognare. Il segreto meglio custodito dell’indie. Rigorosamente nella versione per la quale hanno lottato contro la loro casa discografica. Hanno vinto loro.

11. Tokyo Police Club - Elephant Shell
I TPC battono i The Killers 11 a 2, ma senza la voce di Brandon Flowers. In pratica, questo è il disco che avrebbero dovuto fare i quattro di Las Vegas. Forse tra un po’ di anni non mi ricorderò neanche più di loro, ma al momento sono tra i miei ascolti più frequenti ed un disco un po’ più danzereccio dovevo pur metterlo, no?


Sarebbero dovuti essere qui, ma, oh, avevo detto solamente undici...:
12. Neil Halstead - Oh! Mighty Engine
13. Right Away, Great Captain! - The Eventually Home
14. Port O’Brien - All We Could Do Was Sing
15. Le Luci Della Centrale Elettrica - Canzoni da spiaggia deturpata
16. Someone Still Loves You Boris Yeltsin - Pershing
17. Eef Barzelay - Lose Big

18. Ray LaMontagne - Gossip In The Grain

Si può dare di più (soprattutto se sei loro):
Afterhours - I Milanesi Ammazzano Il Sabato

Canzone cantata dal sottoscritto sempre con il sorriso stampato in faccia:
The Hold Steady - Sequestered In Memphis

Concerto con le farfalle nello stomaco (pari merito per diversi motivi):
Sigur Rós (Roma, 12.07.08)
Okkervil River (Roma, 20.11.08)

‘O trerrote

Ma li vendono ancora i quotidiani cartacei? Forse, tra non molto, il Manifesto non più… Anyway, in edicola, è appena uscita l’ennesima inutile collezione. Ma solo a me, vedendo questa pubblicità, è venuta in mente questa canzone con conseguente risata isterica?
ma se acchiappo a chillo che s'à fottuto 'e melun
m'faccio ra''areto pure 'e scorze e sement!
a gente fanno tant' 'e signur
e po' se fotton' 'e melun

Gli eroi son tutti giovani e belli

Il vero simbolo di questo mio duemilaotto ha le sembianze di un collega. Quello che stimavo di più. Quello che ha infine dimostrato di avere più dignità di tutti, rompendo con i soprusi del passato, del tipo tu-non-sei-proprio-nessuno ed io-faccio-come-mi-pare-perché-sono-il-capo.
A cinquant'anni ci vuole un coraggio che non è di questa terra ed un po' di sana incoscienza a lasciare il tuo lavoro sicuro e stabile per lanciarti in una nuova avventura, rimettendoti in discussione, ricominciando tutto da capo.
Spesso perdiamo tempo a riempire il nostro ego cercando esempi di vita e modelli di comportamento nei protagonisti dei romanzi, negli eroi dei film o nascosti tra i versi di una canzone. Senza accorgerci che magari sono nella porta accanto.

Tema: La mia città

La amo, ma a volte fa proprio cagà.

Dufresne vi insegna l'ita(g)liano, part tù


Come quando ti alzi la mattina e, prima di andare al lavoro, scopri incollato sulla tua Vespa un promemoria scritto appositamente per te. A parte la grafia incerta, ma c’è sempre la possibile scusante dall’averlo dovuto scrivere in piedi senza un ripiano adeguato, come si possono giustificare i due osceni errori di grammatica, la logica fuorviante e le precarie nozioni di educazione civica? Ignoranza caprina?

p.s. la part uàn era
questa.

God is in the details (L. Mies)


Nei pressi dell’Università è pieno di appartamenti affittati, spesso in nero, a studenti, studenti-lavoratori, lavoratori-spesso-precari, insomma derelitti vari. Case vecchie ed arredate l’ultima volta nel 1914, prima che la Grande Guerra si portasse via i pezzi più pregiati, andati ad alimentare fuoco per riscaldarsi. Noi abbiamo un contatore dell’acqua retrò da archeologia industriale niente male, il nostro amico Pietro ha sopra la finestra del salone una specie di baldacchino (non so come si chiami in realtà, probabilmente il vocabolo che lo descrive è caduto in desuetudine da almeno centoventicinque anni). Ma non volevo scrivere dei palazzinari romani.

Volevo solo dire che credo che tra i venti ed i trent’anni tutti dovrebbero abbandonare la casa dei propri genitori. Indipendentemente dal rapporto di amore barra odio che si è instaurato nel tempo con loro. Nel mio caso togliete pure la prima parola per almeno uno dei due genitori, quello che mette il seme e poi nient’altro. Ma non è solo per questo che ho cercato all’esterno il mio rifugio. Se lo dicessi, tralascerei l’aspetto più importante: con chi sono andato a vivere.

Andarsene non è poi così difficile. L’impresa è piuttosto rendere la nuova casa accogliente, calda, in una sola parola viva. Diciamolo, da solo non sarei stato tanto bravo a farlo. Sarebbe diventato un nido nel quale mi sarei orientato solo io. Colorato, certo, ed ordinato esteriormente, ma internamente caotico. E da solo avrei trovato più cadute, al massimo innestato un pilota automatico, risucchiato in quattro mura con poco evidente entusiasmo.

A vent’anni sognavo di scappare presto, in un luogo pieno di creatività e povero di incomprensioni. A volte riempivo lo zaino per andare all’Università come se non dovessi tornare mai più; c’era di tutto, o almeno quello che credevo fosse l’indispensabile: il walkman, la custodia con almeno un decina di cd, la videocassetta (essì, nel duemila ancora non avevo il lettore dvd) del mio film preferito, una manciata di libri, carta e penna. Mancavano i soldi. Per questo tornavo sempre. A pensarci bene, a pensarci ora, a vent’anni ancora avrei dovuto imparare un sacco di cose. Dopo un po’ di anni ho capito che non averlo fatto subito, per lo meno non averne avuto la possibilità, mi stava logorando dentro. Ora sono sicuro che se avessi varcato quella soglia allora, a questo punto sarei più sereno e non mi sarei intossicato l’anima. Ma sono altrettanto certo che comunque mi sarei sommerso in disillusioni varie e avrei sviluppato idiosincrasie a go go, ché in questo sono bravissimo da solo, ci sarei riuscito in uno sbatter di finestre. Ma la vita ci riserva sorprese, passaggi inesplicabili, tutto un intrecciarsi di eventi che mi hanno condotto qui, ora, con lei. Che senso ha allora andare a rievocare gli eventi che ci hanno fatto soffrire? I ricordi dolorosi dovrebbero rimanere nascosti, ancorati ad un nostro io passato.

Dicevi che ogni luogo avresti avuto difficoltà a sentirlo un po’ tuo, ma che in fondo era meglio così, che così non avresti più provato quel senso di nausea tremenda al distacco. Tutte balle, tutte scuse per fare il grand’uomo, riflessi di un cucciolo messo in un angolo che pateticamente ruggisce.
Ed ecco che quando ho deciso di andare a vivere “da solo”, l’ho fatto per due buoni motivi: l’incompatibilità della vita domestica (e non solo) tra me e la mia famiglia, la normale voglia di essere indipendente, ma soprattutto il desiderio di condividere tutto questo con un’altra persona. Perché altrimenti non sembrerebbe niente di sconvolgente, e probabilmente non starei neanche qui a parlarvene. Le chiavi sono sempre lì, appena entri, sulla destra, le posi automaticamente. Niente di speciale, ecco. I doveri e le responsabilità, anche. Cose che fanno tutti. Ma la mia storia è diversa. Agli occhi degli altri, me ne rendo conto, può sembrare banale e bellissima come tante. Quella di crescere in qualche modo, costruire qualcosa, ma farlo a quattro mani, sottobraccio.

Forse non vi sarà tutto chiaro in quello che ho scritto, vi mancheranno alcuni passaggi. Ma non importa.
In fondo questo post è per lei, amore della mia vita, complice delle mie giornate e coinquilina. Per dirle che quando abbiamo appeso insieme questi due poster in camera ho sentito dentro qualcosa, quello che gli altri chiamerebbero sentirsi a casa, ma che io chiamo felicità.

Il dvd del duemilaotto

Nell'attesa di tediarvi con l'inevitabile classifica di fine anno (un dovere morale, si sa), eccovi un'anticipazione.
Il dvd del 2008, nel 2009. Ma anche nel 2008. Insomma, il dvd fisico ad aprile. Ma anche in download, ora, subito, adesso. Oppure entrambi. Entrambi. Imperdibboli.

Miroir Noir

L'attimo fuggente


[pics by dufresne. cliccateci.]
Myself: che palle, tutti a fotografare il fiume. Ci vorrebbe qualcosa di più originale..
Ale: già, ma siamo venuti qui per la piena, mica ti vorrai mettere a far foto agli alberi?!
Myself: o, chennesò, ad esempio, guarda la pubblicità su quell'autobus per turisti: "Crociera sul Tevere, etc..". Non sarebbe più divertente? Certo, un tronco o meglio un albero intero trascinato dalla corrente mica sarebbe tanto male, ma sarebbe la stessa identica foto che stanno facendo tutti.. Potrei buttarti nel fiume in una zona dove non c’è nessuno e fotografarti mentre arranchi, ma sarebbe troppo cinico e mi mancheresti. Dai, faccio la foto alla pubblicità e non se ne parla più. Così stasera faccio l'e-brillante sul blog, e, e, e.. oh, cazzo, è scattato il rosso..
Ale: eh, guarda che potevi fare il logorroico anche camminando.

È solo l’inizio

Come farsi sorprendere dalla depressione in quattro mosse:

1. Spedire una domanda, mezzo raccomandata
2. Studiare su due volumi, every day and every night, che ti succhiano il tempo per tutto il resto
3. Fare ‘sto cazzo d’esame
4. Vedere, uno di seguito all’altro e riportati su di un sito, il tuo cognome, il tuo nome, ed una data non più verdissima, seguiti infine da questa orribile scritta: NON AMMESSO.

Ecco, questo è quello che sarebbe potuto succedere se. Ora, prendete il foglio virtuale sul quale ho scritto queste parole ed accartocciatelo, sempre virtualmente. Poi fateci pure canestro da qualche parte. La realtà è che la prima prova è stata superata, ma questo è quello che più o meno mi ero stampato nella mente dal giorno successivo a quell’esame, un po’ per scaramanzia, un po’ per la solita autostima che vabbè lo sappiamo tutti. Ma ora c’è ancora più da stringere i denti, perché il significato intrinseco dell’aver superato questo primo ostacolo si può semplicemente sintetizzare in tre parole: è solo l’inizio.