Perché scrivi?

- “Perché scrivi solo cose tristi?”

- “Perché quando sono felice esco”

(Luigi Tenco)

Leaves

(In)Utili segnalazioni random

- Qui potete ammirare il blog-fotografico più geniale, più artistico, più tenero e bello del mondo; e pensare che bastano una figlia e un po’ di fantasia.

- Qui c’è invece l’ennesimo mio inutile account.

- Conor Oberst ci spiega perché sia così ignobile la nuova legge sull'immigrazione dell'Arizona. Nel mio immaginario romantico ha sempre avuto un posto speciale la lotta del popolo messicano per uscire dalla miseria e quelle traversate nel deserto che necessariamente l'accompagnano. Grazie anche a Bruce, Steinbeck e John Ford.

- Stavo vedendo in streaming la replica della seconda puntata del glorioso Pippo Chennedy Show, durante la quale ho scoperto, con colpevole ritardo, come Raf fosse a quel tempo il sosia perfetto di Rocco Siffredi; poi ovviamente sono stato costretto a vedere un suo film per verificarne l’effettiva somiglianza.

- Cartellopoli… purtroppo.

- Sto scrivendo, fotografando e leggendo non quanto vorrei fare, ma lo sto facendo; e pensare che basta questo per farmi star bene.

Dai, dai, daai!

Arriva un momento nella vita di ognuno dedicato ai rimpianti: ovviamente si tratta di tempo sterile e sprecato, ma irrinunciabile. Per me è arrivato durante un’ordinaria giornata lavorativa, mascherato da fotografia e nelle vesti di una bambina sorridente.

Ho nella mente quest’idea, probabilmente distorta come un assolo di J.Mascis: immagino i miei colleghi, durante le ore passate a fissare il monitor, scrutare ogni tanto la foto del proprio figlio/a/i, rigorosamente impressa sul desktop, per darsi forza, coraggio e nuovo slancio e motivazione. Come a voler dire a se stessi di sorridere ed essere felici, anche se le cose sono complicate. Alcuni l’hanno avuto giovani, altri sono stati sfortunati, altri ancora meglio-tardi-che-mai.

Oggi ho sentito per la prima volta una fitta nel petto, del tutto inedita: no cari, non era un infarto (anche se per un po’ l’ho sospettato, dall’alto della mia ipocondria galoppante), ma una spiacevole sensazione di mancanza di qualcosa. O di qualcuno.
È pur vero che non potrei permettermelo, con un lavoro precario e due lire in tasca. Forse dovrei smetterla di pensarci, o forse dovrei solamente cambiare quella foto impostata come sfondo del mio pc. Perché tutti, per trovare ogni giorno nuova linfa durante il lavoro, hanno la foto dei propri figli: io ho lui. E non è bello.



p.s. di servizio: sembra che non stia scrivendo molto; ma se non lo rendo pubblico, non vuol dire che abbia perso il gusto e la voglia di esprimermi. In effetti non lo sto facendo con assiduità, ma sicuramente più che sul blog. Sperando che un giorno possa venire alla luce.

Come guardarsi allo specchio...


Diego e Norma [La SE n° 4079, 29 maggio 2010]

...senza dimenticarsi di riderne.

You can't be neutral on a moving train (cit.)


Lasciamo in un angolo le ipocrisie, i malumori e rallegriamoci tutti: fa sempre piacere sapere che un pericoloso criminale sia stato arrestato.
Beh, devo ammettere che ora mi sento molto più al sicuro.

Viaggio al centro della terra

Non importa che tu abbia passato gli ultimi dieci anni nel desiderio costate di arrivare un giorno su quell’isola dispersa nell’Oceano Atlantico: l’hai cercata attraverso la musica, i libri e le enciclopedie. Credevi ormai di aver visto tutto, che ormai ti saresti stupito solo nel momento in cui avresti posato le suole delle tue scarpe su quella terra, fredda ma ospitale.
Eppure è bastato un vulcano, un video ed un artista che mettesse insieme le due cose, per dimostrarti che c’è qualcosa che va persino ben oltre l’immaginario che ti sei creato.

Fate un bel respiro, ché dopo non avrete più fiato. Poi cliccate sul tasto play.

Primo maggio, su coraggio (scritto veramente diciotto giorni fa e pubblicato con un mostruoso –da leggere con tono fantozziano- ritardo)

Quando cominci un percorso universitario in una qualsiasi Facoltà di Psicologia la prima cosa che ti insegnano è la distinzione tra personalità di Tipo A e Tipo B e relativi comportamenti. È una di quelle nozioni, come quando a scuola impari a moltiplicare il cinque al quattro, quale sia la capitale del Paraguay, le origini del Contratto sociale di Rousseau, con le quali dovrai necessariamente prima o poi fare i conti. Roba che assimili e non scordi più. Le tiri fuori dal tuo cervello quando ti servono e non ti soffermi a pensare a come per te siano scontate come conoscere il tuo nome. C’era un volta un ragazzo che così ha imparato che cinque per quattro fa venti, che la capitale del Paraguay è Asunción e che il Contratto sociale è stato disatteso da tutte le moderne democrazie (lo specifico perché magari qualcuno tra di voi sta mettendo in dubbio le mie somme conoscenze di livello scolastico).

Ad eccezione di molte cose che ti propinano al liceo, come trovare la parabola costruita su di una circonferenza tangente ad un triangolo speculare ad un rombo con superficie pari alla capitale del Paraguay (vedi, ti è stato utile), e che non ti serviranno mai-mai-mai nella vita, a meno che tu non voglia diventare un ingegnere, la teoria di Friedman e Rosenman può aiutarti anche ad indagare su te stesso. Ovviamente lo studio di personalità non prevede schemi rigidi: ci sono sfumature importanti che bisogna considerare prima di poter associare un essere pensante ad una delle due categorie. Ovviamente questo vale per tutti gli altri tranne che per te.
Quello che credevi non saresti mai stato te lo ritrovi stampato sulle pagine di un libro e realizzi che nell’ultimo anno è proprio quello in cui ti sei trasformato. Niente di trascendentale: i sogni, i progetti, le speranze, le paure, la passione, l’amore, la sensibilità sono sempre le stesse. È lo stress causato dal tuo lavoro che è cambiato. Peggiorato, sarebbe meglio specificare. Cambiato un po’ per colpa tua, che non riesci a rilassarti, un po’ per colpa di chi baratta il tuo lavoro con una cifra immorale all’inizio di ogni mese.
È il bisogno, quasi fisico, di ottenere un numero spropositato di risultati in troppo poco tempo, con il desiderio di produrre esiti, manco a dirlo, impeccabili.
E vanno anche bene la competitività, gli obiettivi, la gratificazione personale, ma se l’ansia di ottenerli non ti fa digerire, svegliare in piena notte, mancare il respiro, allora ti sei proprio ammalato. Nella testa. Tanto da farti scrivere di te stesso in terza persona, anche se tu vai dicendo in giro che è un semplice espediente letterario. Però percepisci e cerchi di convincerti di come non sia proprio tutta colpa tua: dopotutto ti riempiono con compiti e carichi di lavoro che ti costringono a lavorare, contro la tua volontà, anche il Primo Maggio.
L’ultima volta che sei riuscito a rilassarti è stato circa quindici mesi fa. Veramente riesci a perdonarti per questo?

Il Primo Maggio? Hasta la victoria un par di palle.

Quinto potere

Dopo più di un anno di (poco sofferta) astinenza, e pur non potendomelo permettere, ho finalmente comprato il televisore nuovo. Lasciandomi banalmente ingannare e guidare nella scelta dall’adesivo “a risparmio energetico” appiccicato sopra quella impolverata tv in esposizione. Cosa che ovviamente non potrò mai verificare; o almeno non avrò mai modo, tempo e voglia di farlo. Ma risparmio rispetto a cosa? Ci sono davvero televisori, tra quelli di ultima generazione e a parità di caratteristiche, che consumano molta più energia di altri?
Da buon italiano medio sensibile alla questione ecologica, la salvaguardia dell’ambiente è certamente tra le mie priorità. Però, ad essere onesti, se ci fosse stato scritto “potete vederci i film di Troisi in HD”, oppure “da vero tifoso seguire le partite della vostra squadra del cuore”, probabilmente l’effetto sortito sarebbe stato lo stesso. Oggi ho capito veramente che siamo nati per consumare, spendere e crepare. E per farci prendere per il culo.

Se siete arrivati fino a questo punto, forse vi meritate di sapere che la tv alla fine non l’ho comprata. Ho trovato un po’ di dignità in tasca, mentre frugavo alla ricerca del portafoglio.


“Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere.”

(Howard Beale) [Banksy graffiti]

Hey man, now you’re really living

Quando entrai per la prima volta in quest’ufficio, ormai più di un lustro fa, stavo vivendo il periodo più merdoso della mia vita.
Ricordo che mi accolsero con una battuta, che mi fece sorridere e pensare per un attimo che le cose potessero cambiare. Fu divertente per circa quindici secondi. Poi l’aria triste e pesa di quelle stanze mi fece ancora di più sprofondare in me stesso. Non è che mi dispiacesse poi tanto. Mi ero chiuso nel mio dolore e avevo intenzione di vivere all’esterno lo stretto necessario, convinto che qualsiasi cosa mi potesse fare male, e che, se pure fossero state piccole disavventure, con il mio stato d’animo e la mia ipersensibilità le avrei moltiplicate per mille.
Non è che fu una decisione saggia, me ne rendo conto: lasciare alla socialità spiragli minimi che si limitavano al “ciao” e “a domani” non mi poteva di certo aiutare a superare il mio moneto. Ne ero cosciente, eppure mi sembrava allora la decisione più saggia che potessi prendere. In attesa di non sapevo bene cosa, né tantomeno quando.

Arrivi ad una certa età, corrispondente più o meno ai primi anni delle scuole superiori, in cui fanno passare l’dea che la vera letteratura sia quella stesa su molte pagine e, possibilmente, scritta in un altro secolo. Che le autobiografie o i racconti brevi siano una perdita di tempo, da lasciare a chi ha la capacità di concentrazione di un adolescente inebetito da tv e videogiochi e a chi da un libro non vuole poi ricavare molto di più di un passatempo. Col cazzo.
Che è un po’ la stessa logica che porta gli intellettualoidi snob all’idiosincrasia per il calcio e a giudicarne i suoi amanti, ed il rito domenicale che ne scaturisce, come stupidi uomini medi soggiogati ad uno strumento di distrazione di massa dai problemi.
Ci metti un po’ a smarcarti da quest’idea, a liberarti da questa visione elitaria della letteratura, ma quando ci riesci è un vero spasso. Poi almeno puoi liberarti dagli schemi e dalle prigioni che ti sei costruito: tiri il fiato, petto in fuori, sguardo fiero, affermando con scontrosa pomposità “leggere il Gattopardo mi ha veramente rotto i coglioni”. Ah, che liberazione.
Riesco a sorbirmi indistintamente e senza problemi le analisi micidiali di Gore Vidal, i saggi incendiari di Bakunin, a godere delle magie di Borges, delle follie di Nietzsche o delle analisi strampalate di altri libri propinate da un Nick Hornby in veste di recensore, dei viaggi in solitaria di Erri De Luca, del nichilismo pieno di vita di Irvine Welsh, del politicamente scorretto di Mordecai Richler, del minimalismo di Carver, dei mondi fantastici di García Márquez, degli amari romanzi del mio eroe letterario Jonathan Coe.
Ho accennato prima alle autobiografie. Ultimamente ne ho lette due che mi hanno appassionato più di molta narrativa osannata e ostentata: quella di un precario americano, delle sue immense fatiche, privazioni ed avventure, e quella di un cantante rock, che a metà degli anni novanta andava molto in voga tra i ggiovani finto-alternativi-veri-figli-di-papà, ora un po’ meno ed è meglio così. Quelli più smaliziati di voi avranno già capito, dal titolo, dove mi sto dirigendo.
Mark (sì, ormai lo considero quasi un amico, gli do del tu) è uno che dalla vita ha ricevuto molte spiacevoli sorprese e che dalla vita ha saputo anche prendere tanto. La sofferenza l’ha trasformata in creatività ed ispirazione. Così come la felicità. Subisce dei tremendi lutti e lui che fa? Si dispera? Certamente. Ma riversa anche tutto il peso che sente dentro, nelle note e nei versi di una canzone. Nel 2009 è uscito un suo disco, ma finisce anche un’importante storia d’amore. E lui che fa? Soffre come un cane? Ovvio. Ma decide che i tempi dell’industria musicale dovrebbero adattarsi a quanto ha da dire, così si chiude in casa e, pochi mesi dopo, fa uscire l’ennesimo disco. La summa, il simbolo, di quello che dovrebbe essere un disco. La creatività che nasce dalla sofferenza e l’insostenibile desiderio ed urgenza di esprimerla facendo musica. Tutto quello che dovrebbe essere il rock, il folk, il pop, la musica (e non solo). Vero ed intenso come un pugno nello stomaco. Mark 10, vita 0. Vince sempre lui.
Come può non essere uno così un esempio? Cavarne qualcosa di buono da ogni istante, bello o brutto che sia, ti fa pensare alla giusta prospettiva da avere.

Solo che qualche anno fa questo libro non era ancora uscito, né tantomeno mi sarebbe servito. Anche Mark, quando si siede a scrivere le sue canzoni mica lo fa perché legge la storia di qualcuno che non se ne sta a piangersi addosso a non fare nulla, invece di reagire, qualsiasi cosa questo voglia dire. Così forse le energie puoi trovarle solamente dentro te stesso. Darti degli obiettivi e lottare per averli e contemporaneamente guardare indietro e sbattere la porta. Così un bel giorno decisi di uscire dal guscio e provare a fare qualcosa di buono. Che provare è diverso dal riuscire l’ho capito solo più tardi, ma qualche conquista l’ho ottenuta davvero. A cominciare dalla persona che vorrei mi stesse acanto fino a quando non avrò più i denti, sarò rincoglionito più di adesso e avrò bisogno di qualcuno che mi pulisca il culo. Vorrei tanto fossi tu a farlo, ma, hey, se insieme riusciremo a metter da parte un po’ di soldi, va bene anche qualche badante ventenne dell’est dalle tette grandi e che si sente molto sola.

Un tempo pensavo che se ogni anno ci auguriamo che sia migliore sotto ogni aspetto, o siamo incontentabili, oppure in fondo ‘sta vita è proprio una merda. Preferivo i buoni propositi per il giorno dopo, piuttosto che quelli per l’anno nuovo, ché mi conosco abbastanza bene e, con tutto quel tempo a disposizione, li avrei rimandati all’ultimo giorno, quando ormai era tutto inutile. Ma, ora che vivo per obiettivi, riesco a trovare anche l’entusiasmo, così raccolgo le forze e mi tuffo in una nuova avventura. Luglio non è poi così lontano e ho tante cose da fare in vista della mia prossima battaglia. Una di quelle che, se la vinci, ti cambia la vita.
Ora che sto realmente vivendo.


Snowflake falls in... Roma




Polaroids-ogni-promessa-è-debito by dufresne.


Roma, febbraio millenovecent..., ehm, duemiladieci.