Primo maggio, su coraggio (scritto veramente diciotto giorni fa e pubblicato con un mostruoso –da leggere con tono fantozziano- ritardo)

Quando cominci un percorso universitario in una qualsiasi Facoltà di Psicologia la prima cosa che ti insegnano è la distinzione tra personalità di Tipo A e Tipo B e relativi comportamenti. È una di quelle nozioni, come quando a scuola impari a moltiplicare il cinque al quattro, quale sia la capitale del Paraguay, le origini del Contratto sociale di Rousseau, con le quali dovrai necessariamente prima o poi fare i conti. Roba che assimili e non scordi più. Le tiri fuori dal tuo cervello quando ti servono e non ti soffermi a pensare a come per te siano scontate come conoscere il tuo nome. C’era un volta un ragazzo che così ha imparato che cinque per quattro fa venti, che la capitale del Paraguay è Asunción e che il Contratto sociale è stato disatteso da tutte le moderne democrazie (lo specifico perché magari qualcuno tra di voi sta mettendo in dubbio le mie somme conoscenze di livello scolastico).

Ad eccezione di molte cose che ti propinano al liceo, come trovare la parabola costruita su di una circonferenza tangente ad un triangolo speculare ad un rombo con superficie pari alla capitale del Paraguay (vedi, ti è stato utile), e che non ti serviranno mai-mai-mai nella vita, a meno che tu non voglia diventare un ingegnere, la teoria di Friedman e Rosenman può aiutarti anche ad indagare su te stesso. Ovviamente lo studio di personalità non prevede schemi rigidi: ci sono sfumature importanti che bisogna considerare prima di poter associare un essere pensante ad una delle due categorie. Ovviamente questo vale per tutti gli altri tranne che per te.
Quello che credevi non saresti mai stato te lo ritrovi stampato sulle pagine di un libro e realizzi che nell’ultimo anno è proprio quello in cui ti sei trasformato. Niente di trascendentale: i sogni, i progetti, le speranze, le paure, la passione, l’amore, la sensibilità sono sempre le stesse. È lo stress causato dal tuo lavoro che è cambiato. Peggiorato, sarebbe meglio specificare. Cambiato un po’ per colpa tua, che non riesci a rilassarti, un po’ per colpa di chi baratta il tuo lavoro con una cifra immorale all’inizio di ogni mese.
È il bisogno, quasi fisico, di ottenere un numero spropositato di risultati in troppo poco tempo, con il desiderio di produrre esiti, manco a dirlo, impeccabili.
E vanno anche bene la competitività, gli obiettivi, la gratificazione personale, ma se l’ansia di ottenerli non ti fa digerire, svegliare in piena notte, mancare il respiro, allora ti sei proprio ammalato. Nella testa. Tanto da farti scrivere di te stesso in terza persona, anche se tu vai dicendo in giro che è un semplice espediente letterario. Però percepisci e cerchi di convincerti di come non sia proprio tutta colpa tua: dopotutto ti riempiono con compiti e carichi di lavoro che ti costringono a lavorare, contro la tua volontà, anche il Primo Maggio.
L’ultima volta che sei riuscito a rilassarti è stato circa quindici mesi fa. Veramente riesci a perdonarti per questo?

Il Primo Maggio? Hasta la victoria un par di palle.

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