Freak scene

Preso da un moto di ribellione, roba da far invidia al giovine Holden, ho deciso spontaneamente, senza la costrizione di forze esterne né per mancanza di pecunia, che non andrò al concerto dei Dinosaur Jr. Evento che aspettavo da quando avevo più o meno quindici anni.
Ci sono due contingenze che avranno luogo la stessa sera, una congiunzione astrale infausta provocata senza dubbio da dei malevoli (ancora loro), come non se ne vedeva dai tempi dello scudetto alla L*zio. Il caso vuole che proprio nella stessa calda notte romana ci sia, nell’ambito della rassegna del Festival delle Letterature, nella meravigliosa cornice della Basilica di Massenzio (immaginatela di notte, illuminata... da togliere il fiato), una serata dedicata a Nick Hornby, con la diretta partecipazione del mirabolante scrittore d’Albione. Quello che ha scritto pagine nelle quali come poche volte mi sono così rispecchiato; un personaggio, quello di Rob Fleming, che fa parte del mio essere. Ancora più dei dinosauri.
Poi tanto vi farò una compilèscion con la top fàiv dei concerti imperdibili che mi sono perso. Ci saranno anche loro.

I’m not as sad as Dostojevskij, I’m not as clever as Mark Twain (cit.)

Avete mai provato a fare il sympa ad un colloquio di lavoro? Io sì, qualche anno fa. Non fatelo. Del tipo ritrovarsi di fronte la psicologa-cessa addetta alle selezioni del personale ed il responsabile delle assunzioni per conto dell’azienda, simpatico come un dito nel culo e che per brevità chiamerò il cornuto.
psicologa-cessa: che lavoro fa tua madre?
dufresne: insegnante… insegna all’asilo.
p-c: che poi ora mi sembra si dica “scuola dell’infanzia”, vero?
dufresne: sì, in effetti mia madre mi riprende sempre quando parlo di “asilo”…
p-c: ma alla fine sono solo formalità burocratiche. Ora si dà troppo peso all’apparenza… (segue pippone –giustissimo– sulla vacuità degli eufemismi dei tempi moderni)…
il cornuto: eh, e poi ci tengono alle formalità, guai a trasgredire, si incazzano proprio!
[sguardo tra l’attonito ed il perplesso di dufresne]

dufresne
: sì sì, infatti una volta un bambino si è avvicinato a mia madre per confessarle maestra, lo sciai che mi piasce tanto venire all’asilo? L’ha picchiato.
Lei, cogliendo l’ironia un po’ cinica si è subito messa a ridere. Mi volto verso di lui: una maschera che lasciava trasparire solo orrore. Volto di pietra. Tutt’intorno una distesa di ghiaccio, e mi sono sentito come se stessi camminando a piedi nudi sulla superficie del lago ghiacciato di Peipus. Freddino, vero? Così mi sono sentito in obbligo di aggiungere “sto scherzando”. Allora lo psicorigido (e cornuto) finalmente si scioglie (insieme al ghiaccio) e si lascia andare. Alla fine sorrisi ed inculate, anche se quel lavoro non l'avrei mai fatto.
E vabbè, a questo punto avrete capito il motivo che ultimamente mi ha portato a scrivere poco. Perché la mia testa ed i miei pensieri erano tutti proiettati verso un evento, una meta tanto agoniata. Ero in attesa di una sospirata risposta che sarebbe dovuta arrivare qualche giorno fa. Ecco, il sarebbe si è trasformato in non-mi-hanno-chiamato. L’ennesimo colpo basso al mio già fragile ego.
E pensare che credevo di avere tutte le carte in regola per questo lavoro. Passione e competenza. In più grande professionalità del sottoscritto durante il colloquio e determinazione a fare bene (senza battutone-nerd da somministrare agli esaminatori-kappler). Con la mia mente, emotiva ed ansiosa che comunque scriveva il copione delle più grandi figure di merda che –sicuramente– avrei fatto. Come inciampare e finire disteso per terra con posa a là Gesù Cristo. Sai che vergogna. O sputare sul foglio mentre parlo. Cose così.
Mi potrei nascondere dietro mille banali e vigliacche scuse, giusto per non ammettere la triste realtà. Ci sono molti ragazzi più brillanti di me e che sono stati ritenuti più idonei.
Io tiro fuori l’orgoglio e vado avanti. Giro la pagina di un romanzo (un dramma?) che mi stava appassionando e nel quale avevo riposto molte (troppe) speranze, ma con un finale deludente.

Epilogo (al precedente post)

Ormai Parma nel mio immaginario non sarà più la città cinquecentesca, che culla il suo Duomo, l’imponente Battistero di marmo rosa o gli affreschi evocativi del Correggio. D’ora in poi sarà solamente una piccola, triste cittadina di provincia, immersa perennemente nella nebbia.

Sshhhhh

Voi oggi che fate?
Oh, se il Parma si salva dalla retrocessione, ci vediamo a Testaccio a festeggiare.
Altrimenti: grazie Reagan, bombardaci Parma (cit.).
Sorrisone ammiccànt.

p.s. poi vi spiego perché non scrivo da due settimane.

Afterhours, Teatro Tendastrisce, Roma [08.05.2008]

Oggi non ho tempo, né voglia, di scrivere. Accontentatevi degli appunti (incompleti) post-concerto.
Poi partecipa anche tu al nuovo concorso di dufresne, "Aguzza la vista": cento punti a chi scova le strunzate che ho scritto.

I cento passi un par di palle


Cinisi, novemaggiomillenovecentosettantotto.
Trent'anni dopo. Trent'anni oggi.
E non abbiamo imparato niente.
In un paese dove, se palri di Memoria, ti consigliano l'Acu*il Fosforo.

Quest'anno è forte la tua Fiorentina... (cit.)

L’altra sera avrei potuto vedere, in un colpo solo, Adam Green, Le Luci della Centrale Elettrica e Laura Marling. Avrei potuto, perché ho preferito rinunciare all’evento concertistico di maggio, per rimanere in casa a godermi la semifinale di Coppa Uefa della Fiorentina.
Il preferito naturalmente è un eufemismo che sta per costretto da Giovanni, che ha messo il sottoscritto di fronte all’alternativa di essere cacciato di casa. Sono certo converrete che abbia fatto la scelta giusta.
In realtà mi sono seduto su una sedia (ma il volume era quello di un concerto), perché ormai mi sono appassionato a questa squadra, ma soprattutto per vivere una serata in empatia totale con lui. Uno spettacolo nello spettacolo.
La fine la conoscete tutti.
Io invece ieri me lo immaginavo, in piena crisi depressiva post-trauma, intento ad ascoltare in loop Firenze Santa Maria Novella di Pupo.
No, aspè, questo lo fa spesso.
Lo so, non è una bella immagine.