Siamo troppo suggestionabili, infantili ed interpretabili, siamo troppo suggestionabili

Oh, caro soggetto ansioso ed un (bel) po’ ipocondriaco, lo so che ti starai già immedesimando nel titolo. Voglio dirti subito che le tue speranze di guarigione dai tuoi mali immaginari scompariranno solo quando arriveranno quelli veri. Sei senza speranza alcuna.
È inutile tentare strade tortuose, i tuoi occhi allucinati raccontano più di mille parole.
Il tuo tono di voce parkinsoniano che ti esce quando tenti serio di mostrare falsa sicurezza ed impassibilità ma quei valori, di preciso, quanto sono più alti del normale?, tradisce tutta la tua reale natura, ché già il solo fatto che tu stia facendo quella domanda presuppone che nelle tue mutande ci sia una quantità di merda inversamente proporzionale al tuo coraggio.
Tanto, nel momento in cui formulerai quella banale domanda, lui -il tuo medico- ti guarderà dentro, ma non alla ricerca di malattie. E sarà come se stessi indossando solo un armamento diàfano, come se la tua pelle fosse nient’altro che carta velina sporca d’inchiostro. E vedrà tutto il tuo malcelato terrore, quello di un bambino al buio che si stringe al suo orsacchiotto, sicuro che così, chissà poi perché, grazie a lui sarà protetto. Per poi risponderti con un oh, non ti preoccupare, non fare quella faccia! (quale faccia? Ma se ho appena assunto l’espressione da duro e maledetto!?).
Dopo avergli elencato tutta una serie di (im)possibili e terribili malattie -tutte ugualmente mortali e/o gravemente invalidanti-, ostentando la conoscenza dell’esimio Dr. Pasternacktroft, luminare della medicina e fantomatico Premio Nobel tedesco, o la pedissequa conoscenza di interi tomi di Patologia comparata che avresti studiato nella tua facoltà di Scienze Politiche, vedrai il suo viso contrarsi in un ah, maledetto Wikipedia!, ed avrà così già capito la fonte delle tue personalissime e casarecce diagnosi, le quali andranno in frantumi nel momento esatto in cui sorprenderai i suoi occhi rivolti per mezzo secondo verso il cielo, un sospiro carico di disperazione a stento trattenuto ed il suo pensiero uscire come in un fumetto dalla sua testa -ah, stramaledetto Wikipedia!- e ti accorgerai di essere stato tanato. Poi, in un sincero atto di contrizione ti vergognerai, giusto il tempo di conoscere la sua (quasi non meno catastrofica -oh, non è niente, eh-) diagnosi parziale -che tu interpreterai come assolutamente definitiva- sulle tue analisi dai valori sballati e la sua prescrizione di accertamenti approfonditi che rappresentano, per uno come te che è un’autorità in questo campo -quello dell’ansia- la panacea di tutti i tuoi dubbi: avevi ragione tu. Ma ma, qualla l’avevo già detta io, niente-fiori-ma-opere-di-bene, e quella, oh, è anche peggio, nooo, ma daiii, ma tu guarda questo…
Sei senza speranza alcuna.

Le Luci Della Centrale Elettrica, Circolo degli Artisti, Roma [11.06.2008]


[pic by dufresne]


noi siamo egocentrici
come i gatti
scappati dai condomini

Some useless words to my dear friend Peter

Sono contento che ti sia voluto sfogare sul mio blog.
Quante volte abbiamo parlato del tuo lavoro come di un’attività psicologicamente logorante? Ma, in tutti questi anni, quante persone sei riuscito ad aiutare e soprattutto quanti, grazie al tuo sforzo, si sono sentite meno sole?
Ti immagino, vicino al ragazzo rumeno, con l’istinto e la voglia di abbracciarlo. Io, solo a leggere questa storia, mi sono sentito un morso al cuore.Quanta dignità, quanta forza e quanto coraggio! Dovrebbero servirci da insegnamento di fronte alle difficoltà.

Il mio blog ha come sottotitolo “vogliamo il pane, ma anche le rose”, ed è uno slogan usato dalle operaie tessili del Massachusetts in sciopero per settimane nel 1912 per richiedere a gran voce migliori condizioni di lavoro. Ma non pretendevano solo di poter mangiare (il pane), non era solo questo lo scopo della loro protesta. Volevano anche le rose, perché nella vita non è solo necessario poter mangiare per vivere, ma lo sono altrettanto le passioni, la poesia, la musica. Sono il necessario. Tu non hai niente di troppo, ma è quel ragazzo ad essere stato derubato dei suoi sogni. È facile e pericoloso rovesciare questa logica, è questo che ci fa sentire terribilmente a disagio con certe storie. Quello che hai tu, ti è dovuto, e non devi sentirti neanche fortunato. È quello che ti spetta, è quello che ti sei meritato e guadagnato con il sudore e con tanti sacrifici. Come sicuramente quel ragazzo che hai conosciuto.



p.s. ci vieni al concerto? c'è anche G. No, non farti troppe illusioni, non cercare di capire a quale stupenda femminona appartenga questa misteriosa iniziale. Trattasi di un tuo amico, nonché cugino di Franca.

Produzioni seriali di cieli stellati


Ma che bello, che bello.
Scusate l’euforia, ma cercavo di darmi un po’ di entusiasmo da solo, perché il Vasco dei poveri qui, te lo toglie tutto. Mai ascoltato un cantautore più depresso e deprimente; una specie di cantautorato punk. Però, cazzo, è proprio bravo.
È un poeta, di quelli maledetti. Di quelli che raccontano storie che farebbero impallidire i personaggi dei libri di Irvine Welsh. Si fa infiammare le corde vocali, dalle sigarette e dalle grida che sputano parole amare sulle oscenità e sulle violenze psicologiche, e non, che lo circondano. Ma lo fa con una poesia decadente che mette in fila perle di spessore invidiabile. Con i suoi testi pieni di ardore ti porta in una vita tossica che brucia vissuta ai margini, consumata nei paesaggi industriali di periferia e nell’immaginario consueto e desolante che creano. Storie a volte senza redenzione, il tempo è cadenzato, costante nei gesti estremi e spesso nichilisti, in un’esistenza continuamente passata a sentirsi la terra franare sotto i piedi. Disillusioni lontane anni luce dalla mia vita. Rabbia e disperazione densa, che Le luci della centrale elettrica (bello come nome, vero? senz’altro evocativo) ti sbatte nelle orecchie senza chiedere scusa.

n.b. da evitare come la peste, o come le rotaie del tram quando si è sulla motoretta (lo dico per esperienza), insomma assolutamente, se si è già in una fase vorrei-tagliarmi-le-vene, perché Brondi vi darà le motivazioni per farlo veramente.

Dopo questa solare presentazione, vi dico che l’11 giugno suonerà al Circolo. Chi viene con me?


p.s. nessuna droga è stata usata durante la stesura di questo post, non sia mai.

Alla fine non sono stato al concerto dei dinosauri e non me ne pento neanche un po’

Da grande voglio essere come Nick Hornby. È per questo che mi sto facendo cadere i capelli. Sì, lo faccio apposta, giuro. Solo che poi c’è il pericolo, più volte preventivato, di finire per assomigliare a Lino Benfi, data anche l’evidente stazza. Ma è un rischio che sono disposto a correre.
Ironico, arguto, intelligente, dissacrante, sensibile, l’altra sera se ne stava su quel palco a farsi fotografare con duemila persone -o quasi- sullo sfondo. E mentre lo faceva indicava noi, ecco i miei amici.
Potere e forza della parola scritta riunire così tante persone gioiose. Anche se all’ombra della Basilica di Massenzio, in mezzo a tanta comunicatività, c’era veramente il rischio di passare tutto il tempo ad ammirarla illuminata, invece di osservare i protagonisti della serata.
Lui, per tre quarti d’ora, legge versi come sempre taglienti presi un capitolo del suo nuovo libro, si siede a fumare quando suona il gruppo che musica la serata, ironizza su se stesso e sulle sue opere, saluta, si inchina e se ne va.
Stending ovèscion d’obbligo e sorrisi a trentasei denti.
Facile facile. E così emozionante.

Scrivere di musica è come ballare d’architettura (cit.)

Eccovi la mia prima recensione profèscional. Qualcuno ha avuto il coraggio, o l’incoscienza, di pubblicarla. Per questo lo ringrazio. E ringrazio il mio amico Pietro che mi ha spinto ed incoraggiato a farla.
Se siano stati più saggi o più pazzi, decidetelo voi.


n.b. se siete un dirigente di una major e state leggendo, siete tutti bravissimi e competenti e simpatici e sicuramente avete anche molti capelli e siete virili.

I giganti

Siamo arrivati (lasciate stare il solito imbarazzante inno e cliccate su skip, presto!) ad un passo dal titolo, anche qui. Nella finale dei play off: domani "gara 1". Ho visto i biglietti per le gare romane costare la metà per gli under ventitré. Sono quindi determinato a travestirmi da adolescente, in modo da fugare ogni dubbio ed aggirare più facilmente i zelanti controllori. Pensavo di sbarbarmi ed indossare una maglietta dei Tok*o Hotel. Due o tre brufoli ce li metto di mio, avrei bisogno solo di un linguaggio ggiovane. Chi ha suggerimenti da darmi?