Alla fine non sono stato al concerto dei dinosauri e non me ne pento neanche un po’

Da grande voglio essere come Nick Hornby. È per questo che mi sto facendo cadere i capelli. Sì, lo faccio apposta, giuro. Solo che poi c’è il pericolo, più volte preventivato, di finire per assomigliare a Lino Benfi, data anche l’evidente stazza. Ma è un rischio che sono disposto a correre.
Ironico, arguto, intelligente, dissacrante, sensibile, l’altra sera se ne stava su quel palco a farsi fotografare con duemila persone -o quasi- sullo sfondo. E mentre lo faceva indicava noi, ecco i miei amici.
Potere e forza della parola scritta riunire così tante persone gioiose. Anche se all’ombra della Basilica di Massenzio, in mezzo a tanta comunicatività, c’era veramente il rischio di passare tutto il tempo ad ammirarla illuminata, invece di osservare i protagonisti della serata.
Lui, per tre quarti d’ora, legge versi come sempre taglienti presi un capitolo del suo nuovo libro, si siede a fumare quando suona il gruppo che musica la serata, ironizza su se stesso e sulle sue opere, saluta, si inchina e se ne va.
Stending ovèscion d’obbligo e sorrisi a trentasei denti.
Facile facile. E così emozionante.

Nessun commento: