Only if...

Il nuovo disco degli Okkervil River si è fatto un giro pr la rete almeno due mesi prima dell'uscita ufficiale nei negozi (19 settembre). Io, da buon smanettone, me lo sono ovviamente procurato il giorno seguente al suo leak.
Alla fatidica domanda qual è il tuo gruppo preferito?, che ormai non mi fanno più dai tempi del liceo, forse perché, solo a guardarmi, la risposta sarebbe
scontata, si potrebbe sostituire la più interessante quale musica vorresti suonare o aver composto se solo fossi più carismatico e intonato e sapessi suonare bene la chitarra e possedessi un grande talento e avessi un taglio di capelli figo?. La replica in questo caso sarebbe affidata all'estro del mio adorato Will Sheff.
Il nuovo disco non sarà il loro capolavoro, ma è comunque quanto di più emozionante (insieme ad altri nomi che poi scoprirete) mi abbia regalato quest'anno in musica. Ed è nella lista dei regali da fare a me stesso.
Per presentarlo ai loro fan, si sono fatti venire un'idea indie che più indie non si può. Affidare a gruppi e cantautori amici la riproposizione di ogni loro canzone di Stand Ins, per poi caricarne i video dei risultati sul tubo. Finora cinque delle ultime composizioni, che si possono ascoltare (e vedere) di riflesso, filtrate dalla sensibilità di un gruppo di amci.
Il risultato, bellissimo, è
questo.

Generazione di fenomeni (da baraccone)

Ecco cosa succede a lasciare uno pseudo-trentenne in casa da solo senza la sua ragazza-fidanzata-amica-mamma-badante, se gli viene in mente di lavare un po' di panni in lavatrice. Recuperare un pezzo della suddetta finito nello scarico del lavandino quando tenta di pulirne la vaschetta, con conseguente recupero, sono certo ne converrete, da vero fenomeno.

Ammettere di avere un problema è il primo passo verso la guarigione

Credo di essre malato. Sono in piena fisima da Olimpiadi. Quelle della chinese democracy.
Sono riuscito nella poco invidiabile impresa del segiure ben nove eventi in contemporanea. La tv, insieme alla pagina con le dirette in streaming della rai con, natiuralmònt, tutte le preview aperte. Compreso il nuoto sincronizzato di cui, notoriamente, non me ne frega un cazzo.

Bene, ora che ho chiesto aiuto, qualcuno dovrebbe pure aiutarmi.

Ricordami di prendere la macchina fotografica, ok?

Alla fine l'ho lasciata a casa.
Ma i ricordi sono vivi dentro di me; ho le loro immagini impresse nella mia memoria e nel mio cuore. Immaginate che qui ci siano delle foto. Io le ho.
Un mare trasparente ed una spiaggia lucana quasi tutta per noi, gli amici, il pesce come l'ho magiato poche volte in vita mia, la Spigolatrice di Sapri, l'ecomostro di Sapri, volti ormai familiari, un'ospitalità che mi ha fatto sentire come se fossi a casa (anche di più), un lago che ora è il mio rifugio, andare a letto tardi e svegliarsi riposati, le vacanze trascorse con lei che sono la gioia più grande.

Free download, free beach and free Tibet


[1989, Tian'anmen]
Questa immagine è uno dei ricordi più vivi della mia infanzia. Ero ancora nell'età dei perché e perché? con cui tormentavo ogni adulto a me vicino. Le domande erano però cambiate, non si rivolgevano più a quei semplici quesiti tipo perché tutte le mattine devi andare al lavoro? oppure perché gli aerei fanno così tanto rumore? (eh, lo so, non ero un bambino molto sveglio). E anche le risposte erano diventate più complesse.
Sono cresciuto nel rifiuto di ogni forma di oppressione, anche se veniva da quei paesi comunisti che per noi rappresentavano una sorta di speranza.

La cerimonia di apertura è stata la più poetica tra tutte quelle che riesco a ricordare, piena di storia e di eleganza. Le Olimpiadi sono una festa dello sport, di nobili (e va bene, anche retorici) ideali. Sono la festa di un popolo. Sono contento di poterne godere e non sopporto chi vorrebbe boicottarla anche solo come spettatore. Tutti a ricordarsi dei sacrosanti diritti umani proprio ora, quando normalmente vengono relegati in un luogo poco importante della nostra quotidianità. Ha tutte le caratteristiche dell'ennesima moda passeggera. Molti, ne sono sicuro, non sapevano neanche in che parte del mondo fosse il Tibet. Ed ho scoperto di non essere così tollerante. Voglio solo dirvi che condivido le vostre posizioni, forse sono anche più radicale di voi.
Siete semplicemente arrivati troppo tardi.

This is the first video of new life



Conor Oberst fa uscire il disco più bello e suggestivo dell'anno (dopo quello dei Sigur Rós, ovviamònt), intriso di folk e radici americane spalmate su ogni nota. Ad ogni suo nuovo disco aumentano i critici e dissidenti, tutti impegnati a rinfacciargli la mancanza di canzoni "emozionanti". Sono lontani i tempi in cui veniva osannato come un piccolo eroe emo. Eppure solo nel 2004 cantava gli strazianti e bellissimi versi di Lua (che il sottoscritto, con gli occhi umidi, considera la canzone più intensa del secolo).
Vabbè che io mi commuovo anche rivedendo Bambi, ma come non considerare perle emotive canzoni come Cape Canaveral o Danny Callahan?
Bando ai rompipalle, Conor per la prima volta compone un disco senza nascondersi dietro altre sigle. Ora diffonde un video ironico e geniale per accompagnarne una canzone, Souled Out!!!.
Dal gusto lo-fi. Diretto da Alan Tanner.
Godetevelo.

School of rock

Durante queste ultime settimane ho scritto poco, perché, in questo periodo, la mia capacità di concentrazione è simile a quella di un adolescente in trip da videogiochi. E la mia voglia di comunicare rasenta l'autismo. In compenso, e forse proprio per questo, gli ultimi mesi sono stati tutti un concorsi, colloqui, domande e curriculum. L'imperativo era cambiare subito lavoro; per ora invece è tutto un ma e un mah.

Ogni mamma che si rispetti ha da sempre esortato, almeno una volta nella vita, i propri figli con uno stai lontano dalle droghe. Tranne la mia. Era chiaro, fin da piccolo, che la mia unica dipendenza oltre i libri, per la quale avrei speso tutti i miei averi, sarebbe stata la musica. La sua singolare alternativa è invece sempre stata quella di mettermi in guardia dallo stare lontano dalla scuola. Lavorativamente parlando, eh. Lei, maestra d'asilo, mi ha sempre illuminato sulle assurdità del sistema scolastico italiano. Un mondo vivo, pulsante, ma la maggior parte delle volte solo di incomprensibili schemi. Ma, visto che sono un giovane ribelle e (ex) capellone, la mia ultima trovata, in ordine di tempo, è stata presentare la domanda per entrare in graduatoria per le supplenze. E dove portarla, da bravo nostagico, se non al liceo nel quale mi sono diplomato? Giusto per spiare la nuova atmosfera, respirarne la vecchia aria e, naturalmente, farmi agitare il cuore nel petto, per sentirlo poi incastrarsi da qualche parte tra il collo e le spalle e poi, per qualche ora, non volerne sapere di tornare al proprio legittimo posto.

Tutto molto bello e romantico, solo che il mio tuffo improvviso e realmente mai preventivato nel passato mi ha fatto constatare che, ahimè, la genitrice non ha mai sbagliato.
Dopo la mia trionfale entrata nell'edificio, occhi lucidi e petto gonfio e tronfio -hey, questa è la mia scuola!-, mi sono scontrato con la realtà che presupponeva evidentemente, non come l'immagine ingenua che nell'attesa avevo costruito nella mia mente, la possibilità che nulla si fosse congelato al momento esatto del verdetto della mia maturità. Nella mia scuola non riconosco e non mi riconosce più nessuno. Ero pronto a qualcuno che mi sarebbe venuto incontro con fare festoso, abbracci, sorrisoni ammiccanti e battute grevi con i bidelli (pardòn, gli operatori culturali). Tutti i rapporti umani costruiti in cinque anni sgretolati per me in un soffio. Ed io, di conseguenza, lì, ora, in questo preciso momento, non sono più nessuno. Nemmeno uno che mi caga oltre i semplici convenevoli di presentazione. La delusione è talmente tanta che perdo subito la voglia e la curiosità di rituffarmi tra quei corridoi. Allora decido di controllare, con finta distrazione, l'elenco dei docenti che non fa altro che confermarmi la triste realtà: tra loro sono rimasti solo gli inutili professori di educazione fisica.

Ma è l'epilogo di questa storia a confermarmi, cacciando via il dubbio che si era insinuato in me, di non aver sbagliato posto. In tutta la segreteria ci sono ancora due pc -quei due pc- che risalgono probabilmente alla prima rivoluzione informatica, Bill G*tes non era ancora nato e gli egiziani stavno ancora ultimando la costruzione della piramide di Chefren. Tutto, compresa la mia targica domanda, è scritto ancora rigorosamente ed unicamente da abili amanuensi su epici registri, pratici come un borsone senza manici, immensi più di un tomo della Storia della Filosofia di Abbagnano. Stona un po' la mia autocertificazione lì in mezzo a cotanta storia della burocrazia pre-caduta del muro di Berlino.

Paradossalmente è proprio questo a farmi uscire contento da quel luogo e da quei ricordi.