Storie di rocchennroll

Nel 1995 avevo quindici anni, i capelli più lunghi e, ahimé, sicuramente anche molti di più. E forse meno brufoli di ora.
Nel 1995 i Fugazi suonarono al Forte Prenestino, ed erano già entrati nelle mie orecchie, nella mia testa, nel mio cuore, nel mio essere. Il Mucchio Selvaggio, che allora compravo saltuariamente, pubblicò un resoconto della serata, accompagnato da un’intervista. Da quel momento non ho (quasi) mai dimenticato di leggerlo, prima ogni settimana, ora ogni mese.
Adesso quello che meno mi convince sono alcune sue divagazioni politiche; certe informazioni tendo a cercarle da qualche altra parte. Non come quando avevo quindici anni, eh, che ascoltavo improbabili radio romane antagoniste ed autogestite, nelle quali l’argomento più o meno ruotava sempre e solo intorno alle ragioni della guerriglia maoista delle forze antigovernative in Kaquigastuzannk.
Le riviste musicali le ho sempre lette perché mi fornivano nuove e più profonde chiavi di lettura della musica che ascoltavo e che io, ingenuo e giovane ascoltatore, non avrei potuto cogliere da solo. Ora che ho avuto modo di farmi una modesta - modestissima, modest mouse - cultura musicale, le leggo perché so che non si finisce mai di imparare.
Ecco, io la musica non l’ho mai vissuta come puro intrattenimento. Penso di averlo ereditato da mia madre; il suo è uno sguardo di qualcuno che cerca di vedere oltre la superficie, che cerca di leggerti dentro. Fondamentalmente, mosso dalla curiosità e dalla passione, amo scavare.
Da un po’ di tempo, sul Mucchio, Alberto Crespi ci racconta il flip side di alcune canzoni, tutte immortali. Tutte storie affascinanti, che ne sono alla base, che le hanno ispirate. Storie di R’n’R, insomma.
C’è stato Leonard Cohen; questo mese c’è Billie Holiday con il suo strano frutto.

Nessun commento: