You know, I never claimed to be a stone

Visto che nella vita bisogna saper perdere, se la società per la quale lavoro non si vedesse rinnovato l’appalto, come unica e valida alternativa all’eroina, nel momento di maggiore sconforto e mettendo da parte onestà intellettuale, coerenza e dignità (tutte cose sempre meno presenti in questo paese, così come all over de uorld), per un evento che eufemisticamente chiamerei ossessione, ho pensato bene che accenderò un cero alla Maronna, con l’unico scopo di poter trovare nuova occupazione. Che al solo pensiero starà già piangendo. Sì sì, già me la immagino, e Mast**la lì subito ad accodarsi millantando che quelle lacrime siano per le ingiustizie che sta subendo. Vabbè, sto divagando.
Per poi, nel dubbio, organizzare una gita nel deserto di Nazca, camminando con le ginocchia su un tappeto di ceci misti a pietre e cantando un mantra in onore di Krishna. Il tutto con un occhio rivolto al cielo (ed in verità vi dico, una sui coglioni), nell’eventualità che i raeliani (sì, quelli del culto ufologico) abbiano ragione. Infine tutti in pellegrinaggio al Muro del Pianto, indossando rigorosamente uno chador, casomai non fossi uomo abbastanza ai suoi occhi.
Nel punto di morte, ovviamònt, ritratterei tutto.

Naturalmente poi non farò nulla di tutto questo.
Ad essere lucido mi posso accorgere che i miei libri, la mia musica, i miei film, i miei amici mi faranno sempre vincere sugli spietati ingranaggi del capitalismo e sulle mie assurde dinamiche familiari. Cadrò in piedi.

Ora che ho così tanti motivi per essere felice.
Ora che ho lei.

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