Revisionismi / Attualità

Andare a vedere una salma non è che sia poi il massimo dell’allegria, ma in questo caso la circonda un certo alone religioso, quasi mistico, di venerazione. Per questo tutti vi si accostano in silenzio, ma con felicità.
La Chiesa, diciamola tutta, non l’ha mai potuto sopportare e veri miracoli non è riuscito a farne, anzi è diventato simbolo effimero di un qualcosa che non si è mai realizzato; ma allora, perché rappresenta ancora un forte simbolo di riscatto?
Se tanta gente fa la fila per andarlo a vedere, disteso su di un letto, con una maschera di cera sul volto, ci sarà pure un motivo.
Mi viene in mente mio nonno, che me ne parlava spesso. Ricordo i suoi occhi illuminarsi, ed io, nella mia ingenuità di bambino, non capivo, ma ne venivo rapito dai racconti. Non ne coglievo appieno lo spessore, ma pensavo dovesse essere un grand’uomo, una specie di santo, a vederlo di riflesso nella devozione di un uomo più grande di me di molti anni, che della vita aveva esperienza, e che sì, aveva fatto al guerra ed aveva sparato ai nazisti ed allora, cazzo, se ne parlava così bene doveva per forza aver ragione. E poi era mio nonno, e c’erano le partite a pallone che facevamo insieme e le domeniche allo stadio a vedere la Roma, la meraviglia nel vederlo riparare ogni cosa, ed i suoi racconti.
Insomma, c’è questa salma lì distesa e tanta gente in fila per vederla. Si presenta con la sua inconfondibile barbetta, il tempo sembra essersi fermato per un’icona che suscita rispetto e reverenza, così come feroci critiche, un insieme sconfinato di sentimenti contrastanti.
Vorrei andare anche io, prendere il treno e fare molta strada, fino ad arrivare in una terra nella quale non sono mai stato. C’è qualcosa che mi spinge, irrimediabilmente, verso quest’uomo.
Sì, lo so, da me non ve lo aspettereste mai. Ma un legame sentimentale mi lega a questa figura. Fa parte della mia storia, nel bene e nel male. Prima o poi, lo farò.

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