Con le unghie e con i denti

Ieri, interno giorno. A quella commessa della profumeria tutta sorrisi e gnègnè vorrei chiedere se il suo lavoro le piace veramente così tanto come ostenta o se in realtà, come penso, la costringano a presentarsi e comportarsi in quel modo. Comprerei quello che mi serve anche se tu fossi gentile con me in modo sobrio. In realtà anche se fossi scazzata, perché è come dovresti essere e ti capirei. E poi tanto quel prodotto lo prenderei anche se fosse superfluo, me lo ha detto la pubblicità. Ma non guardarmi così... Anch’io, sai, sono incazzato per il mio merdoso lavoro: straordinari (fissi) non pagati (fisso), stress acuto e responsabilità non corrisposte con adeguati fogli di carta colorati.
Ma lei insiste e mi elenca, ovviamente mentre sta ridendo, tutte le proprietà dell’acetone, che questo è più delicato, che questo non sfalda le unghie... No, dai, ma non lo vedi che non è per me? Chiccazzosenefrega se non rovina le unghie. Se LEI mi ha chiesto questo, magari se le vuole far cascare le unghie. Intanto nella mia mente gonfio sempre più il petto e tronfio declamo: spezza le catene dell’oppressione! Ma lei non riesce a leggere nel mio sguardo e mi passa un altro prodotto, pensando sia di mio gradimento essere aggiornato su tutte le caratteristiche che ha e anche quelle che non ha, tanto nessuno lo controllerà mai.

Il dubbio comincia poi ad insinuarsi, seguito da un senso di fastidio per aver realizzato che, quando sono nervoso, sono più acido di uno yogurt andato a male: altro che catene, se qui qualcosa rischia di spezzarsi per lei sono solo le unghie. Così tento un ultimo gesto estremo, tiro fuori la mano dalla tasca e le spiattello in faccia le mie schifose dita smangiucchiate, perché sì, sono tre anni che non fumo e in qualche modo devo pur sfogarmi (e poi non sono così malridotte, suvvia). Lei, come previsto, inorridisce; forse ha capito che mi girano le palle e che con me, almeno oggi, non avrà successo. Ma è un attimo, non serve a distoglierla dal suo obiettivo, il compito supremo cui è legata sotto la minaccia del licenziamento: vendermi quanti più prodotti, ovviamente mentre la sua bocca prende la forma di una mezzaluna che a me, ormai assuefatto, ora sembra un ghigno. Subdolamente mi lusinga dicendomi che ho delle belle dita affusolate, sorvolando su quelle pellicine che sembrano prese a morsi da un barracuda e invece sono stati i miei denti. Una vera professionista ‘sta ragazza, penso. Denti ed unghie non dovrebbero mai incontrarsi, me lo immagino così il suo motto -che sarebbe anche abbastanza condivisibile-.

Poi la mia mente, che ormai vaga indisturbata verso un modo migliore, si ferma a riflettere. Ma chi cazzo mi credo di essere, il salvatore del precariato, sfruttato e represso? L’asceta consapevole che vuole salvare la sua anima e così sia? Che siamo tutti uguali e tutti dovremmo avere tutto? Però non siamo tutti uguali e quindi, anche se non siamo né migliori né peggiori, siamo sicuramente diversi. Quello che non è uguale è diverso, beh, logica inattaccabile, anni ed anni di studio della filosofia. Proprio per questo non ci sentiamo tutti sfruttati e alcuni ridono sempre quando sono sul luogo di lavoro, semplicemente perché quel posto garantisce loro tutto quello che vorrebbero avere. O forse hanno solo imparato ad accontentarsi, che è un po’ come rinunciare ai desideri e far morire una parte di quello che ci portiamo dentro. Ma ognuno decide di realizzarsi come vuole: può essere cosciente di quello che (non) ha e contemporaneamente essere sempre allegro. Vorrei riuscirci anch’io, veramente.

Perciò, quando mi ha rivelato finalmente e senza esitazioni tutto il suo mondo, chiedendomi se di solito uso uno smalto scuro o chiaro e poi confessandomi candidamente, così innocentemente che il mio sguardo poteva passarla fino a riuscire a vedere dall’altra parte, che una volta ha usato il solvente e poi si è messa un dito in bocca e ha quasi vomitato per il sapore disgustoso, ho capito che non aveva lacci da cui sciogliersi, né che era legittimamente soddisfatta di quello che aveva. Era solo, questa volta veramente uguale a tanti, stupida.

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