Revisited

Ieri ascoltavo un vecchio disco, a dire il vero la sua ultima canzone, perché tra quelle note si nasconde una piccola storia. Oggi la scrivo, perché mi piace raccontarla. Il 17 maggio del 1966 Bob Dylan suona alla Free Trade Hall di Manchester, il celebre concerto che girava come bootleg suonato alla “Royal Albert Hall” (quando è stato stampato ufficialmente nel ’98 come vol.4 della “Bootleg Series” è rimasto infatti quel titolo). Quello era il periodo durante il quale Dylan stava operando la sua svolta musicale verso canzoni elettriche e blues, e dai testi con un contenuto meno sociale; santa svolta, io lo preferisco decisamente così. Quindi divideva i concerti in due parti, la prima con il set folk, la seconda molto più tirata; per tutti questi motivi non viveva un periodo di facili rapporti con il suo pubblico, che era diviso ogni serata tra il criticarlo e l’osannarlo... Il conecrto a Manchester non è stato diverso: verso la fine un ragazzo grida “Judas!” rivolto a Dylan e buona parte del pubblico lo applaude, quello che lo vorrebbe sempre ancorato alla sua chitarra acustica, alle canzoni folk. Dylan gli risponde “I don’t believe you... you’re a liar!”, suona qualche accordo, poi si gira verso il gruppo, ma i microfoni registrano comunque questo momento e lo immortalano per sempre, e lo esorta: “Play fuckin’ loud!”. E, mentre il gruppo si lancia in una fantastica e rumorosa versione di “Like A Rolling Stone”, Bob canta con un trasporto raro. Perché non si lasciava condizionare dagli altri, non cantava quello che la gente voleva, e si aspettava, da lui; noncurante delle contestazioni suonava la musica che sentiva salire dal suo stomaco. Alla fine solo applausi. Aveva ragione lui.

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