Cose che mi fanno stare bene

il suono del plettro sulle corde di una chitarra acustica; la melodia del violino in Jesus, etc.; la mia città, ricca di storia, arte e verde, le palazzine in cortina, quelle anni settanta e i vicoli del centro; la mia città, anche se caotica ed immobile; imparare nuove parole (“so di non sapere”); i perdoni; i finali senza un finale; Troisi; gli abbracci; cantare insieme Skinny love quando siamo in macchina; l’odore dei libri nuovi; ballare ai concerti; ballare con te soli nella stanza; il rumore dei passi sul palco di un teatro; le foto in bianco e nero; quelle con i colori saturi; Rootless tree dal vivo all’Auditorium; i ponti; la leccata di un cane; le edizioni di Guanda; leggere in inglese; la voce di Eddie Vedder; Praga; Stoccolma; l’Islanda (un giorno ti avrò!); i viaggi lunghi in macchina di notte; le frasi pensate e poi scritte; le frasi pensate e poi dette; aver letto Bertrand Russell almeno una volta nella vita; fare l’amore; i segreti condivisi; tagliarmi i capelli; la stanza arancione; Ratatouille; pensare quando indosso le mie Converse che, con tono altezzoso ed antipatico e parafrasando un noto verso, “quando ho iniziato a metterle io, tutti ‘sti giovinastri di oggi nemmeno si facevano le pippe”; sentirmi un po’ migliore di quella madre e figlia a passeggio, entrambe con la tuta dell’Adi**s dentro gli stivali (da cow-boy), che va bene pure la donna senza personalità che si vuol vestire alla moda, però a tutto c’è un limite-; le rullate di air drum; Inní mér syngur vitleysingur; “...should have stayed for the sunset... if not for me.”; il design; la rete avversaria che si gonfia; il riflesso di un aereo in volo sul vetro di una macchina; il sole la domenica mattina; le cene in compagnia; gli amici; la neve; il mare d’estate; il mare d’inverno; farti ridere; quando mi fai ridere; …; ..;

te, che mi fai sentire a casa in ogni luogo.

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