Dente @ Circolo degli Artisti, Roma [09.09.2009]



[pics by dufresne, 2, 3, 4, 5]

Passare in due giorni consecutivi da un concerto dei Dinosauri a quello di Dente potrebbe creare sindromi dissociative alquanto serie, o almeno non indifferenti.

Anche se poi, dopo il frastuono e il conseguente sbandamento iniziale, razionalizzi che è più normale di quello che possa sembrare, persino più giusto. Non è poi così male come esperienza. E per fortuna che a parlare per me c’è una citazione* di Nick Hornby che può essere traslata anche alla musica senza perdere onestà e valore intellettuale, nonché ripresa da un libro di cui ha parlato il sottoscritto in tempi non sospetti, e bla bla bla.

Quarantotto ore passate così sono una finestra aperta sul passato, uno sguardo a quello che sono oggi e pure una sbirciatina al (ahimé, prossimo) futuro.
Vedere tre vecchi-ma-non-troppo rockers, che insieme raggiungono qualcosa come centotrentacinque anni, emanare pura energia ad ogni nota, ad ogni sussulto e ad ogni distorsione, è anche confortante per l’avvenire. Come una proiezione sulla vitalità che potrei avere tra quindici anni circa. Oltre ovviamente a dimostrare scientificamente che si può andare in skate e sulla Bmx anche con i capelli bianchi.

Vorrei essere come Dente oggi (una vera rivelazione: ironico, teatrale, divertente e allo stesso tempo romantico e malinconico, ma senza essere -troppo- deprimente, e, non da ultimo, con delle basette fenomenali) e pieno di energie e gioia di vivere domani; poter saltare e scatenarmi per un’ora e mezza senza sosta, proprio come Lou Barlow oggi. E mi piace credere, forse illudermi, di essere già tutto questo.

Insomma, in due serate potrei aver concentrato una vita, così come in poche righe di un post una marea di allucinanti associazioni psico-temporali (leggi: seghe mentali).
È un periodo che penso troppo, decisamente.


p.s. se ne parlo solo ora è perché, oltre a pensare troppo, ho anche un mare di cose da fare.

p.s.2: ma non avrei dovuto, come da titolo, parlare del concerto di Dente?



* Il problema della lettura è che non finisce mai. L’altro giorno ero in una libreria a sfogliare un volume che si intitolava più o meno “I 1001 libri da leggere prima di morire (e, senza far nomi, devo dire che il compito imposto dal titolo è impossibile per definizione, visto che almeno quattrocento dei libri indicati ucciderebbero comunque), ma da lettura nasce lettura –è proprio questo il punto, no?- e uno che non devia mai da un elenco prestabilito di libri è già intellettualmente morto.

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