The rain before it falls

Andai a raggiungerle, ma Rebecca non si girò quando sentì i miei passi sui ciottoli. Si schermò gli occhi, guardò le montagne e disse: “Guarda quelle nuvole. Ci sarà un bel temporale se vengono da questa parte”. Thea sentì l’osservazione: era sempre molto rapida nel notare i cambiamenti d’umore - restavo sorpresa, ogni volta, nell’accorgermi di quanto fosse sensibile, pronta a recepire gli stati d’animo degli adulti. “Per questo hai l’aria triste?” si sentì in dovere di chiedere. Rebecca si girò. “Chi, io? No, non mi dispiace la pioggia estiva. Anzi, mi piace. È il tipo che preferisco.” “Il tuo tipo di pioggia preferito?” disse Thea. Ricordo che aveva la fronte aggrottata, mentre rifletteva su queste parole, poi annunciò: “Be’, a me piace la pioggia prima che cada”. Rebecca sorrise della trovata, ma io (in modo molto pedante, suppongo) dissi: “Però prima che cada non è proprio pioggia, tesoro”. “E allora cos’è?” disse Thea. E io spiegai: “È solo umidità. Umidità nelle nuvole”. Thea abbassò gli occhi e si concentrò, ancora una volta, a scegliere i ciottoli sulla spiaggia: ne raccolse due e prese a batterli uno contro l’altro. Il suono sembrava darle piacere. Non mi arresi: “Sai, Thea, non esiste una cosa come la pioggia prima che cada. Deve cadere, altrimenti non è pioggia”. Era un principio stupido su cui insistere con una bambina, e mi pentii di aver cominciato. Ma Thea sembrava non avere alcuna difficoltà ad afferrarlo, semmai il contrario - perché dopo qualche minuto mi guardò e scosse la testa con aria di commiserazione, come se stesse mettendo a dura prova la sua pazienza dover discutere di questioni del genere con una ritardata. “Certo che non esiste una cosa così,” disse. “È proprio per questo che è la mia preferita. Qualcosa può ben farti felice, no? Anche se non è reale.” Poi corse verso l’acqua, con un gran sorriso, felice che la sua logica avesse riportato una vittoria così sfacciata.
[...]

Erano più di dieci anni che non viaggiavo su queste strade. Sembravano assolutamente familiari; e allo stesso tempo assolutamente estranee e lunari. Non riuscivo a conciliare queste due sensazioni. Ricordo questo sentimento - questo pensiero - con estrema chiarezza. La consapevolezza che a volte è possibile – se non necessario – coltivare idee contraddittorie; accettare la verità di due cose che si contraddicono a vicenda. Stavo solo iniziando a capirlo: a riconoscere che questa è una delle condizioni fondamentali della nostra esistenza. Quanti anni avevo? Trentatré ne avevo. E dunque, sì: si può dire che avevo appena cominciato a crescere.


Leggere un libro od ascoltare musica non sono esattamente la stessa cosa, ma questo lo sanno tutti. Richiedono, a volte, diversa attenzione, anche se le emozioni possono essere le stesse; le musiche o le liriche di un album possono catturarti più di un testo scritto, o può avvenire il contrario.
Leggere un libro non è come ascoltare musica. Soprattutto in questo periodo: puoi scaricarti gli emmepitre e poi, se hai la fortuna di trovare grandi opere, tirare fuori il portafogli. Per i libri devi ancora fidarti del giudizio altrui, che poi è anche piacevole e costruttivo ascoltare i commenti di altre persone, soprattutto di quelle che stimi. Allora sfogli la tua solita rivista (che un giorno metterai tra i link del tuo blog, se solo avesse un sito) e ti fermi curioso a leggere l’ennesima recensione. Ma come, il tuo eroe della moderna narrativa inglese ha scritto qualcosa che non vale la pena comprare e leggere?
Ecco, a volte vale la pena rischiare, lasciarsi guidare dal cuore. Per poi cercarlo – il cuore – e ritrovarlo solo in qualche parte intorno alla gola, forse impegnato a scappare da tanto peso, di un viaggio nella memoria dove il colore che meglio si ricorda è il grigio. Qui c’è il sapore e l’odore di mille mondi che sono uno solo, molte esistenze che sono così legate da divenire le stesse.
Non fidatevi delle critiche negative che ha ricevuto. Questo libro è poesia.

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