Accattatevillo.
Subliminal post
Accattatevillo.
Camera (Wilco cit.)

Letto in poche ore, cosìtuttodunfiato. Una meravigliosa storia sull'amore vero, sul sentirsi vulnerabili, sulla perdita di un amore e sull'incapacità di andare avanti e lasciarsi trasportare come una foglia dalla corrente... Tutto quello che ero e non sono più. Quello che siamo un po' tutti.
Scoperte
Due ragazze, conosciute tempo prima all'Università di Viterbo insieme al mio amico C., ci riconoscono e, parlando a bassa voce tra di loro, ma vicino a noi tanto da carpirne la conversazione, se ne escono con questo "edificante" scambio di opinioni:
- Oddio, com'è che si chiamavano quei due? [Come "chiamavano", mica siamo ectoplasmi?]
- Quello carino è C., l'altro è P.
- Uh, è vero, ora mi ricordo...
Ah, l'altro è il sottoscritto.
Pozza fa 'na vampa.
Harr, marinai miei, harrr
Quello che hey, io so tutte le citazioni a memoria, quello che ho scoperto qual è lo stato dove si trova la città, quello che ho quasi trent'anni e non mi vergogno affatto, quello che quando io li vedevo in tivvù tu nemmeno ti facevi le pippe (questo è un omaggio).
Quello che sarà pure un cartone animato, ma io non sono mica un nerd, eh.
Dite e pensate quello che vi pare, che sia superficiale quanto volete, ma quando ho visto il trailer ho pensato che fosse il film di una generazione.
Brooks was here. So was "me".

Warning: post estivo [sì, anche io scrivo sul mare...]

Ed io lì ad scoltarla, con gli occhi sgranati di un bambino.
Damien Rice, Cavea dell'Auditorium - Parco della Musica, Roma [19.07.2007]
Statura minuta, bel viso (l’ammòremio con enfasi mi da ragione, e te pareva), voce da fenomeno e talento da vendere.
Damien Rice sale sul palco in silenzio, senza dire una parola. Rimarrà così per la prima ora; questa volta è veramente la musica a parlare (prime righe del primo post è già usi frasi fatte, vai così...). Basta la versione per solo piano e, meravigliosa, voce di Rootless Tree, messa in apertura, a farmi scoppiare il cuore e farlo incastrare da qualche parte tra il collo e le spalle. Così riesco anche a non pensare né alla cifra immorale con cui ho pagato il biglietto – quant’è? ah, 40 eurini? All in medicines. -, né al fatto che a Roma esista un solo luogo decente dove poter suonare -grazie uolter-, ma nel quale tra l’altro non possono venire tutti i gruppi.
Certo che l’atmosfera creata da Damien e soci e la splendida cornice della cavea dell’Auditorium cancellano anche gli aspetti negativi della serata. Anche se Rice piace alla gente che piace. Accanto a me ragazze bellissime, ma che non muovono un piede nemmeno quando il giovanissimo e bravissimo batterista picchia come un dannato su quei tamburi, insomma sembrano essere di legno, soprattutto tra la pancia e le gambe. Anche se ci sono uips di una simpatia estrema. Anche se ci sono signori snob che si tappano le orecchie quando il volume si alza, che sembrano essere capitati lì per caso, come F**e ad un convegno di giornalisti; infatti, tempo mezz’ora e pensano bene di andarsene. At least, but not the last, ragazzine urlanti da tre-metri-sopra-il-cielo. Da parte mia, se la jam finale di Coconut Skins fosse durata un minuto di più avrei preso il coraggio a due mani e mi sarei buttato direttamente dalla balaustra al palco a suonare la terza (terza!) batteria.
Il concerto alterna momenti toccanti ad episodi più movimentati, ottenendo un sorprendente equilibrio tra tensione ed emotività. Poi accade qualcosa di inaspettato: stacca l’amplificazione, accorda la chitarra ed inizia l’arpeggio di Cannonball, si allontana dal microfono, avvicinandosi alla prima fila, e comincia a cantare con il pubblico in completo silenzio, salvo poi accompagnarlo (me compreso ovviamònt) durante il ritornello, sottovoce e senza offuscare la sua, creando così un effetto da pelle d’oca alta 4 cm. e lacrimoni a non finire.
Al violoncello c’è Vyvienne Long (al posto di Lisa) che si muove con disinvoltura con il suo strumento tra le mani, come se fosse Maradona con un pallone tra i piedi.
Il cantautore (posso chiamarlo così?) irlandese è dal vivo suggestivo nei momenti più acustici e sussurrati, trascinante quando si preme il piede sull’acceleratore (unico appunto l’uso eccessivo degli effetti per la voce) e silenzioso tra una canzone e l’altra, fino al colpo di teatro finale: storia ironica ed amara da bar fumoso ed interpretazione da vero fuoriclasse con tanto di cameriere sul palco che offre vino al buon Rice, il quale si accende una sigaretta e, fingendosi ubriaco, canta barcollando e con la voce tremolante Cheers Darlin'.
Ovazione finale del pubblico, che si era fatto sentire rumorosamente anche prima del bis, e sorriso da ebete stampato sulla faccia del sottoscritto.
No love, no glory, canta Damien. Ripenso all’ultimo anno della mia vita e piango nuovamente (è serata, che volete fà...), dalla felicità, pensando a quanto abbia ragione.
Emotivamente il concerto dell’anno, of course.
Foto [by dufresne]: (coming soon)